Legge elettorale, duello sui tempi La proposta del Pdl

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ROMA — Il brusco richiamo del presidente Giorgio Napolitano ha avuto il suo effetto sui partiti che finora hanno traccheggiato sulla legge elettorale. Stamani il comitato ristretto presso la commissione Affari costituzionali del Senato si riunirà  per esaminare i testi che saranno messi a disposizione dai vari gruppi parlamentari. In quella sede si avvierà  una discussione di merito e, al momento, non si sa se produrrà , prima della pausa estiva, una proposta compiuta e condivisa. La voce più accreditata (da entrambi i campi politici) è che tutto slitti a settembre.
Sulla questione dei tempi sorge una querelle tra Pd e Pdl, innescata dalle parole del presidente del Senato, Renato Schifani, durante la cerimonia del Ventaglio. Dopo avere auspicato «un’intesa tra i partiti della maggioranza, alla luce del sole e non nelle segrete stanze, per evitare ripercussioni sul governo», Schifani avanza un’ipotesi sul quando: «Ritengo che possa essere approvata entro dicembre, ma mi auguro anche prima benché la gatta frettolosa faccia dei gattini ciechi». Tuttavia, l’avere indicato dicembre come ultima data di approvazione del nuovo sistema di voto fa scattare Enrico Letta (Pd): «Chiediamo al presidente del Senato di evitare tattiche dilatorie di parte. Andiamo in aula e discutiamo: il Porcellum va cambiato. Se perdiamo il momentum non lo ritroviamo più». Immediata la replica di Gaetano Quagliariello (Pdl): «Evidentemente l’onorevole Letta nella sua incursione nell’organizzazione dei lavori del Senato non si è preso la briga di informarsi su regolamenti e consuetudine di questo ramo del Parlamento». Del resto, rimarca, «la legge elettorale è una priorità  che stiamo rispettando. Non si cada, però, nel ridicolo di contare le ore e tra breve i minuti».
In ogni caso, lo stesso Quagliariello ha depositato ieri sera «una proposta aperta il cui fine è sollecitare un confronto sugli aspetti ancora controversi». Il proposito indicato dal vicecapogruppo del Pdl in Senato è quello di «aggregare il più ampio consenso possibile», tenendo conto che il testo raccoglie «previsioni normative su cui c’è un sostanziale accordo e aspetti ancora controversi» e al contempo «le opzioni e le proposte del Pdl». In estrema sintesi, l’elaborato conferma quanto anticipato dallo stesso Quagliariello al Corriere: il sistema che dovrebbe sostituire il Porcellum ha un impianto proporzionale con uno sbarramento al 5%, o al 10% in almeno tre circoscrizioni, i due terzi degli eletti saranno scelti dai cittadini mediante le preferenze, il restante terzo mediante listini bloccati. Il premio di governabilità  è fissato al 10% e andrà  al primo partito. Sempre per questa mattina dovrebbero arrivare anche nuove proposte del Pd, a partire da quella di Enzo Bianco.
A parte Beppe Grillo che accusa i tre segretari di partito di «cercare l’elisir di lunga vita» e per questo vorrebbe che si facesse «un referendum confermativo» sulla nuova legge elettorale e Antonio Di Pietro che denuncia l’esistenza di «un patto segreto e criminale per mettere fuori del Parlamento i non allineati», il clima sembra rasserenarsi. Pier Ferdinando Casini è convinto che sia necessario «ammainare le nostre bandiere di parte per trovare un punto di intesa comune». E il leghista Roberto Maroni annuisce: «La sostanza si può ridurre a due questioni: governabilità  e rappresentatività . Siamo pronti ad appoggiare gli sforzi dei partiti della maggioranza purché siano introdotti questi due pilastri. Se si andrà  in questa direzione il sostegno della Lega ci sarà ». Mentre Roberto Giachetti (Pd) è già  arrivato al 27° giorno di sciopero della fame per la mancata riforma elettorale. In questo quadro di possibile disgelo, c’è anche la voce di uno scambio tra Pd e Pdl. Se Bersani e suoi dessero il via libera al semipresidenzialismo Silvio Berlusconi potrebbe rivedere la sua decisione di tornare in campo come front runnerdel Pdl.


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