“Quelle bombe sulle case noi, in fuga dall’orrore”

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BUKULMAZ — Eccoli i sopravvissuti del bombardamento di Aleppo, ancora con il terrore negli occhi, le madri con i figli più piccoli al collo, gli uomini carichi di valigie e cartoni, tutti con una storia spaventosa da raccontare. C’è chi si lamenta di aver visto cadaveri ingombrare le strade, chi dice di essere scappato perché non trovava più neanche il pane per sfamare la sua famiglia, chi punta il dito contro la furia distruttrice del presidente siriano Bashar Al Assad, che da sabato scorso scarica con i Mig e gli elicotteri da combattimento russi tonnellate di bombe sul suo stesso popolo nel tentativo di sconfiggere le brigate dell’Esercito libero siriano. I profughi li incontriamo nel campo di smistamento di Bukulmaz, che sorge tra campi di pomodori e melanzane, sotto una base militare turca. Queste sono le loro testimonianze.

Il disertore / “Hanno sparato ai miei amici e mi sono consegnato ai ribelli”    


Durante uno scontro a fuoco con i soldati dell’Esercito siriano libero due miei commilitoni sono stati uccisi. A quel punto ho buttato via il fucile e mi sono consegnato nelle mani degli insorti. Ho approfittato di quel momento. In cuor mio era una cosa che volevo fare da tanto tempo, perché avevo ricevuto l’ordine di sparare anche sui civili. Una cosa che non avrei mai fatto. I soldati dell’Esercito siriano libero mi hanno spedito a Antakya per arruolarmi nelle loro fila.
(Mohammed Hayani 24 anni, militare)

Il falegname “I miei cari sono stati uccisi e non ho potuto seppellirli”    


Una bomba ha centrato l’altro ieri la casa di Aleppo dove ho vissuto dal giorno della mia nascita. Sotto le macerie sono morti mio zio, mio cugino e due mie nipoti. I loro corpi sono ancora la sotto. Non ho fatto in tempo a recuperarli. Anche altre case vicino alla mia sono state duramente colpite. Appena ho potuto sono fuggito. Sono arrivato in Turchia l’altro ieri, ma sono ancora terrorizzato. E provo vergogna per non aver estratto i corpi dei miei parenti.
(Moayad Khalil 47 anni, falegname)

La donna incinta / “Mio figlio sta per nascere non potevo più stare lì”    


Sono arrivata ieri per evitare di partorire prematuramente sotto le bombe. Mio marito combatte contro l’esercito di Damasco. Mi ha costretto a fuggire da Aleppo per paura di rappresaglie nei miei confronti, nel caso lui dovesse essere ucciso o fatto prigioniero. Una donna nel mio stato non dovrebbe vivere sotto lo stress delle bombe, però vorrei tanto che mio figlio nascesse ad Aleppo. Se dovesse nascere qui lo chiamerò Erdogan. Sì, come il premier della Turchia. (Amira Kayali 20 anni, casalinga)

L’adolescente / “Adesso la nostra città  è più pericolosa di Homs”    


Mia sorella ed io siamo state portate qui ieri da mio padre perché sappiamo tutti il rischio che corriamo. Siamo sunnite nel quartiere che è diventato la roccaforte dell’Esercito siriano libero. Se domani i soldati di Damasco dovessero sconfiggerlo noi avremo poche possibilità  di salvarci dal disonore. E’ già  successo ad altre ragazze di Homs, la città  da cui è cominciato tutto. E non potremmo continuare a vivere schiacciate dal
peso di questa vergogna.
(Yasmine Assaf 16 anni, studentessa)

Lo studente / “Sono stato ferito a un braccio qui mi hanno operato e guarirò”    


LA MIA famiglia è di Aleppo da diverse generazioni. Mi sono unito all’Esercito siriano libero e sono rimasto ferito al braccio la settimana scorsa. Mi hanno portato in un ospedale clandestino perché il regime impedisce di ricoverare i combattenti nelle strutture pubbliche. Ma quel luogo non era sicuro e così ho deciso di scappare via da lì insieme a mio padre. Siamo in Turchia da due giorni, e sono già  stato operato. Penso che se fossimo rimasti in Siria, prima o poi sarei morto.
(Talah Nabulsi 22 anni, studente)

L’anziano / “Ho perso tutto, sembro un mendicante”    


Sono vecchio e non avrei mai pensato di dover abbandonare casa mia e fuggire in Turchia. Guarda come stiamo, sembriamo dei mendicanti. Se non fosse stato per le mie condizioni di salute sarei rimasto ad Aleppo. Ma i due centri dove faccio la dialisi sono stati chiusi per mancanza di elettricità . Maledetto il giorno in cui è nato Bashar, che non si fa scrupoli a bombardare il suo popolo.
(Abdulrahman Najjar 76 anni, pensionato)

Il padre di famiglia / “Siamo salvi, è l’unica cosa che conta”    


Da una settimana, nel quartiere Salaheddin di Aleppo è quasi impossibile trovare cibo e acqua potabile. Gli ultimi giorni si sono create file chilometriche perfino per il pane. Ma stare in coda per ore non è sicuro. L’ultima volta è caduta una bomba di un caccia del regime, che ha ferito alcuni di noi. Ho allora deciso di scappare con la mia famiglia. Dobbiamo ringraziare la Turchia che ci ha accolto a braccia aperte. (Fahed Sukkary 50 anni, commerciante)

L’insegnante / “Una battaglia infernale tra i campi di pomodori”    


Avevo così paura che la nostra casa venisse centrata da un elicottero o da un carro armato del regime che le ultime notti con la mia famiglia c’eravamo accampati in un campo di pomodori vicino a dove abitiamo. Pensavamo di essere al sicuro, ma l’altra notte c’è stato un combattimento infernale a poche decine di metri da dove eravamo sistemati. Ho temuto per la vita dei miei figli e ieri mattina ho sono scappato con la famiglia. Non avevo alternative: però ce l’abbiamo fatta.
(Mustafa Al Hamwi 39 anni, insegnante)


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