Ecco il piano Fornero per il patto imprese-lavoratori

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ROMA — È figlia di un patto bipartisan la delega per realizzare il «modello tedesco» di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa che il ministro Elsa Fornero, nell’intervista al Corriere, ha detto di voler «portare in porto». La delega, che dovrà  essere attuata entro aprile 2013, è entrata nella riforma del lavoro al secondo round, in quel pacchetto di norme che sono state infilate nel decreto per la crescita. A presentarle sono stati i due relatori Maurizio Castro (Pdl) e Tiziano Treu (Pd), entrambi convinti sostenitori del modello partecipativo.
Ora il governo vorrebbe farne il perno di un nuovo modello di relazioni industriali per superare la crisi e rilanciare il sistema produttivo, come sarà  spiegato negli incontri a Palazzo Chigi con le parti sociali il 5 e l’11 settembre.
Sì, ma in che cosa si traduce praticamente la delega? Si tratta di una norma molto dettagliata che prevede come strumento il contratto collettivo aziendale: è qui che le parti, nella loro autonomia, dovranno predisporre le regole della partecipazione dei lavoratori, che potrà  essere più o meno pervasiva.
Si parte dalla possibilità  di accordarsi perché l’impresa assuma semplici obblighi di informazione, consultazione o negoziazione con i sindacati e i lavoratori. Si arriva all’ipotesi di concordare meccanismi di verifica dell’applicazione e degli esiti di piani o decisioni anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti. Imprese e sindacati potranno, volendo, andare oltre e decidere di condividere la gestione di materie quali la sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la promozione di pari opportunità , le forme di remunerazione collegate al risultato, i servizi sociali per i lavoratori e le loro famiglie.
E allargandosi ancora, le parti potranno stabilire che vi sia un controllo dei lavoratori sull’andamento o su determinate scelte di gestione aziendali, mediante partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di sorveglianza. Ulteriore passaggio, quello più strutturato: la previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori all’attuazione e al risultato di piani industriali.
Infine nelle imprese in forma di società  per azioni con più di 300 lavoratori, potrebbe consentirsi la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e obblighi dei membri che rappresentano gli azionisti, compreso il diritto di voto.
Il punto è: qual è lo scambio? L’ingresso dei lavoratori nella gestione dell’impresa, secondo quanto è avvenuto in Germania nel periodo di maggiore crisi, è andato di pari passo con l’assunzione di alcuni impegni dei lavoratori. Tra questi, quello di una maggiore produttività  che si è tradotta in una revisione dell’organizzazione del lavoro e dei salari.
In un periodo di crisi, come l’attuale, il piano del governo, preoccupato della tenuta del sistema produttivo, sembra essere quello di spingere le parti a legare i propri destini in un patto per superare l’ondata negativa. Sul piatto l’esecutivo ha poco da mettere, salvo il taglio del cuneo fiscale per le imprese che si prestino all’esperimento.
Antonella Baccaro


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