A Mirafiori e Cassino intanto tutto tace Timori per il futuro

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Per certo però il 2013 dei lavoratori si è aperto all’insegna di una massiccia cassa integrazione, che interessa più della metà  degli addetti del settore auto. E non si hanno notizie di un piano complessivo nel quale sia chiaro, fabbrica per fabbrica, quali nuove vetture verranno prodotte, con quali innovazioni, e soprattutto con quanti occupati. Ci sono solo le promesse di Marchionne.
Per giunta solo le fabbriche di Pomigliano, Melfi e Grugliasco hanno ricevuto, senza che ci siano stati approfondimenti sulle potenziali penetrazioni di mercato e i conseguenti volumi produttivi, il compito di produrre nuovi modelli, con un investimento annunciato di un miliardo per ogni sito. Mentre gli altri due stabilimenti di Mirafiori e Cassino aspettano ancora di conoscere quale sarà  il loro futuro, vivendo quotidianamente una realtà  che vede per i 5 mila operai di Mirafiori soltanto tre giorni lavorativi al mese nella produzione della Alfa Romeo Mito. Giorni che diventano 15 a Cassino, dove in lavorazione per i 4.500 dipendenti ci sono l’Alfa Romeo Giulietta, la Fiat Bravo e la Lancia Delta.
Per i 5.500 addetti di Melfi, di fronte alla notizia del giorno di una cassa integrazione straordinaria di due anni a rotazione per ristrutturazione aziendale, la Fiom della Basilicata segnala la sua preoccupazione: «Ancora non si conoscono i dettagli degli investimenti per lo stabilimento». La fabbrica, assicurano i vertici Fiat, continuerà  a far uscire la Punto mentre si adegueranno gli impianti, con una spesa annunciata di un miliardo, per i due nuovi minisuv a marchio Jeep e Fiat. Ma Maurizio Landini avverte: «A Melfi non si sa dove va a finire la Punto, e non c’è certezza sui nuovi modelli. Questa cigs è solo l’ultimo atto di una strategia Fiat ormai chiara, quella di ridimensionare occupazione e produzione».
A riprova, il leader dei metalmeccanici Cgil guarda all’occupazione nello stabilimento Fabbrica Italia di Pomigliano. Qui si produce la nuova Panda, con un investimento di 800 milioni. Ma solo la metà  dei 4.000 «vecchi» addetti Fiat è tornato al lavoro, mentre per gli altri c’è stato un massiccio ricorso alla cassa e ora si affaccia lo spettro della mobilità . «A Pomigliano la stessa Fiat ha confermato che per i lavoratori che oggi sono fuori dalla fabbrica non ci sono le condizioni di rientrare – osserva sul punto Landini – e Fim e Uilm hanno riconosciuto l’oggettività  di questa posizione».
L’ultimo sito produttivo dove Sergio Marchionne avrebbe individuato la strada da seguire è quello torinese di Grugliasco, sulle ceneri della ex Bertone. Nelle Officine Maserati che saranno inaugurate il 30 gennaio è prevista la produzione, in tandem con Modena, della nuova Maserati Quattroporte, che sarà  presentata ufficialmente nei prossimi giorni, e a seguire arriverà  la Ghibli, con una previsione di lavoro a regime per 1.500 addetti su tre turni. «Al momento però non sono tutti rientrati – puntualizza Michele De Palma che della Fiom è il responsabile auto – e soprattutto, anche in questo caso, siamo di fronte a modelli che rappresentano una autentica scommessa su quello che sarà  l’effettivo apprezzamento del mercato».
Ancora più nebuloso il futuro degli stabilimenti di Mirafiori e di Cassino: «Su questi due impianti – osserva De Palma – non ci sono stati nemmeno gli annunci roboanti cui ci ha abituato Marchionne. Che per giunta, accendendo i riflettori sulle singole fabbriche, finisce per far perdere di vista la realtà  di un indotto automotive che a sua volta è in profonda sofferenza». Prova ne è, solo per restare nel torinese, la liquidazione dell’Alfaplast di Orbassano con i suoi 50 dipendenti, mentre vanno avanti con una cassa integrazione in scadenza sia la Lear di Grugliasco che la Johnson Control, con rispettivamente 400 e 200 addetti. E questa è soltanto la punta dell’iceberg.


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