L’uranio impoverito uccide ancora muore militare, era stato in Kosovo

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ROMA — I proiettili maledetti, quelli capaci di perforare le corazze più dure, continuano ad uccidere, tanti anni dopo. L’uranio impoverito che le forze della Nato utilizzavano durante l’intervento nel Kosovo ha fatto un’altra vittima: è il sergente Salvo Cannizzo, catanese e padre di tre bambine, ucciso ieri da un cancro al cervello ad appena 36 anni.
Cannizzo faceva parte di una squadra del Reggimento San Marco falcidiata dai tumori: tre suoi compagni sono malati, un altro è morto. Già  da tempo il militare era stato costretto a fare uso di una sedia a rotelle. La sua esperienza nei Balcani era stata lunga: aveva partecipato a quattro missioni, dal 1999 al 2001. Congedato nel 2011 dopo 17 anni di carriera con le stellette, otteneva una pensione di 769 euro al mese. Un livello molto modesto, che il militare sottolineava con irritazione, rifiutando di sottomettersi alla chemioterapia: «Non posso scegliere come vivere, però posso scegliere come morire». La pensioncina di invalidità  non gli permetteva nemmeno di andare a Milano per le sedute di terapia, come sarebbe stato necessario dopo la scoperta di una ricaduta, qualche anno dopo l’intervento chirurgico subito a Pavia nel 2006.
Nei mesi scorsi il militare aveva denunciato la sua storia e la “disattenzione” dello Stato alla cronista di Blog Sicilia e aveva raccontato di ricordare molto bene quando, durante una missione nel 1999, era stato esposto alle radiazioni. «Ricordo che durante una campagna c’era stato un carro radar che era stato bombardato con proiettili d’uranio, ma noi a quei tempi non conoscevamo gli effetti dell’uranio impoverito, eppure mi era sembrato strano che i nostri colleghi americani erano equipaggiati con tute e maschere particolari».
L’assenza dello Stato è duramente contestata dall’Associazione Vittime Uranio. Sottolinea Bruno Ciarmoli, legale dell’associazione: la storia di Cannizzo «è una storia emblematica che dimostra come lo Stato può essere sordo e insensibile anche di fronte a gesti estremi di protesta, nel tentativo di far sentire la propria voce, come
quello dello sciopero della chemioterapia ». Da luglio alla Camera è stata depositata un’interrogazione al ministro della Difesa Di Paola, che per ora resta senza risposta. Ricorda Ciarmoli: «Il minino che lo Stato possa fare è quello di garantire vicinanza e aiuto concreto alla famiglia di Cannizzo». Secondo l’associazione, in Italia i morti per possibile contaminazione da uranio impoverito sono oltre 200. Almeno 2500 i militari o ex militari gravemente ammalati. «È auspicabile che anche sulle dimensioni del fenomeno venga fatta la opportuna chiarezza», conclude l’associazione.


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