Ricordare ma che cosa?

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Meglio tardi che mai. Ieri il Ministero degli esteri (Mae) ha organizzato alla Farnesina un incontro sull’Argentina intitolato: L’altro ieri della dittatura: per non dimenticare. Colloquio sulla storia argentina negli anni dal 1974 al 1983. Sono passati molti anni dalle vicende che hanno insanguinato l’Argentina ma è la prima volta che il MAE affronta il tema. All’incontro ha partecipato la stampa accreditata, alcuni funzionari del ministero ed un gruppo scelto di studenti del Liceo Virgilio di Roma e del Liceo scientifico internazionale del Convitto nazionale “Vittorio Emanuele II”. Un «pubblico selezionato», un evento non aperto, messo in piedi con la collaborazione di Renzo Sicco del Gruppo Assemblea Teatro di Torino. Erano anche presenti Carlos Cherniak, funzionario dell’ambasciata argentina a Roma, Tati Almeida delle Madres de Plaza de Mayo, Norma Berti, ex prigioniera politica argentina , Sonia Belforte, Sergio Dal Farra, Giorgio Ceraudo. Il tutto coordinato da Roberto Da Rin, della redazione esteri del Sole 24 Ore, e concluso dal ministro degli esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata. Era anche prevista la partecipazione dell’ambasciatore argentino a Roma, Torcuato Di Tella, ma sembra che ad ultimo momento abbia avuto un contrattempo e non è potuto intervenire. Per parlare della storia argentina il ministero degli esteri italiano si affida al teatro. Nulla da eccepire, ci sono tanti linguaggi e quello culturale e dello spettacolo è sicuramente molto efficace. Quindi un’ottima messa in scena con una assenza però eloquente: l’ex console Enrico Calamai, che ha sempre testimoniato sul ruolo non certo brillante dello Stato italiano e del Ministero degli esteri durante la dittatura militare. È vero. Meglio non dimenticare, ma cosa dobbiamo ricordare? Forse le vicende dell’ambasciata italiana in Cile, che nel 1973, dopo il colpo di Stato del generale Augusto Pinochet ha ospitato nella sua sede di Santiago 700 esuli e che successivamente accolse come rifugiati politici nel nostro Paese migliaia di profughi? O quanto accaduto subito dopo, nel 1976 in Argentina, con la precisa volontà  della Farnesina di non lasciare che il caso cileno si ripetesse a Buenos Aires facendo lavori urgenti per impedire l’accesso ad eventuali profughi argentini? Niente asilo politico ha scritto Calamai e così fu. Non solo, nel 1979,in Svizzera, alla riunione dell’Acnur – l’agenzia Onu per i rifugiati -, l’Italia decise che gli esuli argentini non meritavano di essere riconosciuti come rifugiati. E infatti non c’è mai stato un rifugiato politico argentino. Allora, cosa ricordare? Carlos Cherniak ha descritto il periodo storico in esame segnalando che i 30.000 desaparecidos, i 500 bambini scomparsi (di cui 106 ritrovati dalle Nonne di Piazza di Maggio) non sono una tragedia del passato. L’Argentina continua a cercare i colpevoli di queste atrocità , così come insiste nella ricerca dei bambini rubati, venduti o regalati. La storia dei desaparecidos non è una vicenda chiusa e non riguarda solo i militari. Ci sono molti complici in queste tragiche vicende e la situazione è opportuna per segnalare il ruolo dell’Italia nel periodo. Cherniak ricorda che sia nella destra peronista, prima del colpo di stato del 1976, sia tra i militari è facile trovare membri della P2: Raul Lastiri, presidente per un breve periodo prima di Perà³n; José Là³pez Rega, ministro degli interni e capo degli squadroni della morte della Triple A; il ministro degli esteri Juan Alberto Vignes; l’ammiraglio Emilio Massera, membro della giunta militare il generale Suarez Mason e tanti altri erano legati alla Loggia massonica P2. Se il ruolo di Licio Gelli e della P2 sono importanti per l’Italia, le sue connessioni internazionali non erano di meno. La Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi ha concluso i suoi lavori invitando a fare luce sui rapporti internazionali del nostro Paese. Gli interessi economici e politici dell’Italia in Argentina erano molto forti. L’Italia è stato il principale partner economico europeo della dittatura. Forse è arrivata l’ora di aprire gli archivi. Se questa manifestazione alla Farnesina rappresenta una seppur tardiva apertura, il Mae dovrà  lavorare molto per accertare, non solo i silenzi e le omissioni dell’Italia, ma anche le complicità  di tutti coloro che hanno sostenuto un regime tra i più disumani del ventesimo secolo.


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