Staminali Istruzioni per l’uso

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Giudici e genitori sono sulle barricate. Ma sulle staminali, cosa ha da dire la scienza? Nei laboratori i ricercatori elogiano da 15 anni le proprietà  di questi meravigliosi oggetti della biologia: cellule capaci di rigenerarsi senza stancarsi mai e restare sempre giovani. Accanto al letto dei pazienti, i medici faticano a tradurre in cura quella che era stata descritta come la pietra filosofale della medicina. Come Sansone perde la forza dopo il taglio dei capelli, le qualità  delle staminali sembrano in buona parte svanire nel passaggio tra laboratorio e ospedale.
Eppure la potenza di fuoco investita in questo settore è enorme. Le sperimentazioni in corso sull’uomo sono 4.186 e coprono quasi 1.700 condizioni diverse, dai tumori all’autismo passando per la calvizie. Il paradigma alla base di questi trattamenti è comune. E appare tanto convincente da essere usato anche dalla “Stamina Foundation” di Torino per reclutare bambini con le malattie più disparate in tutta Italia.
Un frammento di tessuto viene prelevato dal paziente o da un parente. Al suo interno viene isolato il maggior numero possibile di staminali (e sulla capacità  della Stamina di svolgere questa operazione l’Autorità  italiana del farmaco ha sollevato i dubbi che, fra gli altri, hanno portato all’ordinanza di stop dei trattamenti il 15 maggio). Le cellule vengono poi iniettate nell’organo da curare: muscolo nel caso dell’atrofia muscolare spinale di Celeste, 18 mesi. E cervello per riparare la lesione di Smeralda, 17 mesi, vittima di asfissia durante il parto. A quel punto — in teoria — le staminali dovrebbero iniziare a moltiplicarsi, ricostruendo l’organo devastato dalla malattia. La realtà  finora si è mostrata più complessa. Una volta iniettate nel corpo, queste cellule in genere prendono due strade alternative. O smettono di crescere, come avevano fatto gagliardamente in provetta fino al giorno prima, e muoiono. Oppure aumentano fin troppo. La loro incontrollabile capacità  proliferativa ha causato il cancro in alcuni pazienti sottoposti alle sperimentazioni, come il ragazzo israeliano che nel 2009 si sottopose a una terapia non autorizzata in Russia e tornò con una serie di tumori del sistema nervoso centrale. Mentre il primo caso avviene spesso quando si usano le meno potenti cellule adulte (le più usate nelle sperimentazioni, somministrate anche a Brescia), il secondo rischia di verificarsi con le staminali di embrioni o feti vittime di aborto. Un giusto equilibrio fra freno e acceleratore nella proliferazione di queste cellule è stato per il momento trovato in provetta, ma non ancora nel corpo dei pazienti.
Le staminali usati dalla Stamina Foundation sono dette “mesenchimali”. «Si trovano nel midollo osseo — spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’università  di Tor Vergata a Roma — e sanno trasformarsi in osso, cartilagine e grasso. Una volta inoculate rilasciano citochine e fattori di crescita: sostanze che possono ridurre le infiammazioni, ma che non contrastano affatto la distruzione dei motoneuroni». I motoneuroni sono le cellule colpite in malattie come la Sla o l’atrofia muscolare spinale della piccola Celeste. La loro distruzione progressiva fa perdere la capacità  di movimento. Ma la speranza di rimpiazzarli con le mesenchimali iniettate dall’esterno viene considerata vana. «La biologia delle staminali è chiara in questo» spiega Lorenz Studer, che dal suo laboratorio al Memorial Sloan-Kettering di New York conduce sperimentazione sui neuroni. «Non c’è alcuna possibilità  che le mesenchimali si trasformino nei motoneuroni distrutti dalla malattia. Ancora più inverosimile è l’ipotesi che queste cellule crescano formando fibre che dovrebbero raggiungere la lunghezza di un metro per innervare tutti i muscoli, dal midollo spinale agli arti».
L’ipotesi che le mesenchimali possano invece alleviare l’infiammazione non viene esclusa del tutto. «Esiste un unico meccanismo di azione teoricamente possibile. Le cellule mesenchimali potrebbero secernere dei fattori benefici o modulare il sistema immunitario in modo da proteggere i motoneuroni residui. Non c’è nessuna evidenza chiara che questo avvenga, ma almeno da un punto di vista teorico si potrebbero influenzare così i sintomi della malattia». La presenza di questi “fattori extracellulari” benefici è stata notata in vitro e viene analizzata al momento in diverse centinaia di test sui pazienti. Lo stesso Luca Coscioni, malato di sclerosi laterale amiotrofica, si sottopose il 20 maggio 2002 all’ospedale Giovanni Bosco di Torino a un autotrapianto di staminali mesenchimali. Ma la malattia proseguì il suo corso fino alla fine, nel 2006.
Lo scarto tra ricerca e cura è normale in medicina, ma nessuna società  lo ha mai vissuto pacificamente. La sperimentazione del più semplice dei farmaci dura in media dieci anni, con tendenza all’aumento. Il numero dei pazienti che perdono la vita in questo lasso di tempo resta spesso incalcolato. L’Aids ha impiegato un ventennio a diventare una malattia controllabile con le medicine. Gli effetti della chemioterapia furono analizzati a partire dagli anni ‘40, ma iniziarono a far abbassare le curve
di mortalità  negli anni ‘70. La terapia genica, studiata da oltre un trentennio, ha curato finora una decina di bambini. La complessità  e i dilemmi etici legati alle staminali hanno aggiunto ostacoli a questa strada. E il compito di sciogliere il nodo in Italia è finito oggi nelle mani dei giudici di Celeste e Smeralda (che hanno autorizzato il proseguimento delle cure). Al presidente Giorgio Napolitano ieri invece si è rivolta la famiglia di Daniele, 5 anni, il bambino di Matera con il morbo di Niemann Pick cui il Tar di Brescia ha invece negato l’accesso al trattamento.
Una delle sperimentazioni più avanzate con le cellule staminali è attualmente in corso in Italia. L’ha iniziata 10 anni fa al San Raffaele di Milano Giulio Cossu, ora all’University College London. «Abbiamo trattato 3 bambini con distrofia muscolare. Altri due dovrebbero iniziare entro l’anno, siamo in attesa delle autorizzazioni. Compresi i test in vitro, quelli sugli animali e le prove di tossicologia, abbiamo speso finora 3,5 milioni di euro». Una delle condizioni della sperimentazione infatti è la gratuità  per i pazienti. Secondo il tribunale di Torino, i genitori che si sono rivolti alla Stamina sono stati forzati a versare migliaia di euro sotto forma di donazioni. «In fasi così preliminari dei test non è etico chiedere denaro ai pazienti» dice Studer. «Tutti i bambini della nostra sperimentazione hanno viaggio e alloggio pagato sia per il trattamento che per i controlli successivi» precisa Cossu.
Il suo decennio di lavoro al San Raffaele ripercorre tutte le difficoltà  che si incontrano nell’uso delle staminali. La prima è somministrarle nel punto esatto in cui si vuole far ricrescere un tessuto. «Nel caso della distrofia, si usavano in passato cellule che andavano iniettate ogni 0,2 millimetri. Ora abbiamo trovato un altro tipo di staminali capaci di attraversare le pareti dei vasi sanguigni. Iniettandole in un’arteria, si distribuiscono a valle». Dopo il trattamento, occorre valutare se le staminali abbiano attecchito. «Usiamo una biopsia o dei test funzionali. Ma nel caso delle malattie neuromuscolari valutare peggioramenti o progressi è difficile. La capacità  di camminare e alzarsi, la forza o la prontezza dei riflessi sono parametri misurabili con percorsi ed esercizi. Ma la loro oggettività  arriva fino a un certo punto. E spesso queste malattie procedono a denti di sega, con fasi alterne di miglioramento e di regressione».
La valutazione dei benefici di un trattamento è il campo in cui più si scontrano emotività  e razionalità . «A volte i genitori ci accusano » racconta Cossu. «Sostengono che nessuno può conoscere un bambino meglio di sua madre, e solo a lei può essere affidato il giudizio sulla cura. Ma noi ricercatori possiamo fidarci solo delle misurazioni oggettive per escludere l’effetto placebo o le aspettative di miglioramenti dopo un trattamento. A nessuno di noi fa piacere se un piccolo paziente peggiora, e magari finisce sulla sedia a rotelle, mentre siamo in attesa di un’autorizzazione. Ma dobbiamo restare razionali. Farsi vincere dall’emotività  è l’errore peggiore che si possa fare».


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