A Pisa un Municipio dei beni comuni

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PISA. A Pisa, a meno di 150 metri dalla Stazione, adesso c’è un grande buco a cielo aperto, pieno solo di acqua e di fango ad ogni pioggia. Ci avrebbero dovuto costruire una stazione degli autobus, ma non s’è visto altro se non l’aprirsi di questa voragine. Una volta in quel buco c’era Rebeldia. C’erano la parete di arrampicata indoor, la Ciclofficina, i corsi d’italiano e gli sportelli legali per i migranti, la biblioteca e il cineclub, la caffetteria equo-solidale e le cene vegetariane, il grande capannone che aveva ospitato centinaia di concerti e di feste da ballo, le sedi di 33 gruppi ed associazioni (dall’antirazzismo allo sport popolare e al teatro, dagli antiproibizionisti al Gruppo d’acquisto solidale, alla Ciclofficina, all’hacklab etc), che davano vita ad una delle esperienze più innovative e pluraliste dei centri sociali italiani.

Rebeldia nasce nel 2003, con l’occupazione di una ex sede della nettezza urbana, presto sgomberata dalla polizia con le armi in pugno. Di occupazione in occupazione si arriva nel marzo 2006 alla concessione da parte del Comune della sede di via Battisti dove nasce il Progetto Rebeldia.
Neanche un anno dopo, però, nel gennaio 2007 c’è lo sfratto. L’area di Rebeldia dovrebbe far parte del Progetto Sesta Porta, un megaintervento di riqualificazione urbanistica della zona (al costo di 36 milioni di euro) che prevede che lì verrà  trasferita la stazione degli autobus che ora si trova esattamente sull’altro lato della strada. Gli attivisti di Rebeldia resistono per quattro anni, ma alla fine di febbraio 2011, decidono di abbandonare via Battisti, dopo aver raggiunto un accordo con il Comune che prevede lo spostamento di Rebeldia in uno stabile municipale nella zona degli impianti sportivi in via Pisano. A poche settimane dalla demolizione a tempi di record della ex sede di Rebeldia, arriva la fregatura: per l’assegnazione degli spazi di via Pisano il Comune lancia un bando pubblico legato ad una variante urbanistica che comprende la creazione di un parcheggio in quella che ora è un’area verde. Rebeldia dice no, continua ad organizzare attività  nomadi e alla fine dell’anno scorso lancia una campagna per l’assegnazione diretta degli spazi di via Pisano, con una petizione popolare che in poche settimane raccoglie più di 3500 adesioni in una città  di neanche 90 mila abitanti. La giunta comunale Pd-Idv-Psi, però, risponde picche, cedendo alle pressioni dei gruppi anti-Rebeldia della destra cittadina che, pur riscuotendo pochissimo consenso, hanno grandissimo spazio sui quotidiani locali Il Tirreno e La Nazione. Contro tutte le previsioni, i gruppi del Progetto Rebeldia continuano a rimanere uniti e a luglio viene lanciata la campagna “Diritti nello spazio”, culminata per ora in una manifestazione qualche giorno fa, quando centinaia di persone hanno dato vita ad un corteo festoso e variopinto aperto da giocolieri e trampolieri.
Il corteo era stato indetto dal Municipio dei Beni Comuni, che da giorni aveva lanciato il proprio appello: «Il 13 ottobre segnerà  un’importante tappa di un percorso che viene da lontano. Lo sguardo al futuro, i piedi ben ancorati al presente, per affrontare un viaggio la cui meta è nota: a Pisa un nuovo spazio sarà  liberato, inaugurato e restituito a tutta la città ». La fortissima militarizzazione (con oltre 200 uomini dei reparti antisommossa di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza) ha impedito di poter liberare fisicamente uno spazio, ma non ha fermato la capacità  di «denunciare le politiche predatorie di una certa economia ed una certa politica», con una lunga serie di tappe in luoghi-simbolo dell’abbandono e della speculazione.
Alla manifestazione hanno partecipato molte delle variegate realtà  del movimento pisano, dagli anarchici a Prc e Sel, dagli universitari di Sinistra Per e del Tijuana Project (che recentemente ha “liberato” il Teatro Rossi in disuso da anni) all’area ecopacifista, dal Cantiere Sanbernardo e dal csa La Talpa e l’Orologio di Imperia ad esponenti dei sindacati di base e dei circoli Arci. La tappa finale del lunghissimo corteo sono gli oltre 10 mila metri quadrati (presidiatissimi dalla polizia) sui quali sorgeva l’ex Colorificio Toscano, una ex fabbrica di vernici acquistato e immediatamente chiuso dalla famigerata j Colours (la multinazionale salita recentemente al disonore delle cronache per aver tentato di trasferire i macchinari della loro fabbrica di Finale Emilia pochi giorno il terremoto di maggio). Al termine del corteo, i partecipanti hanno deciso di riunirsi in un’assemblea per poter decidere le prossime mosse. Sicuramente Rebeldia ed il neonato Municipio dei beni comuni pisano torneranno presto a far parlare di sè.


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