LA DISFATTA DI UNA POLITICA

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Del resto i sondaggi non davano scampo: secondo l’Swg il 56% non lo voterebbe perché “ha già  dimostrato di non essere capace di governare” e un altro 16% perché “lo ha già  fatto altre volte”. Inoltre, in una scala di probabilità  da 0 a 100, il 60% dichiara una probabilità  zero di votarlo: un rigetto massiccio e senza appello. Del Cavaliere gli italiani non ne possono più.
Evitare l’onta della disfatta personale (anche senza Prodi…) non consente di arrestare il disfacimento della sua politica. Il ciclo ventennale inaugurato nel 1994 si chiude nell’assenza di prospettive, nell’irrilevanza delle proposte politiche e nella vergogna dei ladrocini. Di fronte a questa catastrofe “generazionale”, l’unica risorsa messa in campo è quella nostalgica, del ritorno allo spirito del 1994. L’obiettivo unificante delle anime sparse del PdL è ancora e solo quello: fermare la sinistra, impedire in ogni modo che vada al governo. Peccato che non ci sia più un Pio Pompa a disposizione per mettere in atto “iniziative disarticolanti” come ai tempi belli. Ma forse di uomini di braccio e di brasseur d’affaires ce ne sono ancora in giro, magari meno maldestri di Batman e più consapevoli di Scajola. Però non ci sono più platee disposte a mobilitarsi in negativo, al solo scopo di sbarrare la strada ad altri. Il mondo là  fuori è cambiato. Lo scalpo di D’Alema lo ha già  ottenuto Renzi. E le mitiche partite Iva, bastione retorico del forzaleghismo che fu, sono ormai disperse, deluse dall’insipienza governativa del centro-destra e disgustate dal malaffare dei dirigenti locali pidiellini. Se nel 2007 gli abili spin doctor della destra erano riusciti a far identificare “la casta” con i politici del centro-sinistra, ora siamo alla nemesi: la Polverini che sgomma nelle vie del centro di Roma a tutta velocità  con un’ auto di servizio per andarsi a comperare le scarpe (punto debole delle donne di potere: si pensi alla collezione di Imelda Marcos) simboleggia tutta l’arroganza di questa nuova classe dirigente.
Il mondo dei format televisivi imposti come reality quotidiani, dello stile da convention anche nelle arene internazionali (dal cucù alla Merkel alla rincorsa ad Obama passando per il kapò a Martin Schultz), dell’Azienda Italia e delle tre I è crollato. Il confronto con il governo Monti è impietoso. Anche l’elettorato di centrodestra può confrontare il riconoscimento internazionale dell’attuale governo con l’isolamento nel quale prima era relegato il nostro paese, o comprendere la differenza tra un venditore e un uomo di governo guardando una conferenza stampa.
E tuttavia rimangono in circolo alcuni residui del berlusconismo, e ci vorranno anni perché il corpo politico se ne liberi: l’odio ideologico, per cui tutti quelli che stanno a sinistra sono dei nemici; il conflitto esasperato a scontro di civiltà ; il disprezzo delle regole, inutili e dannosi legacci alla spontaneità  e creatività  individuale; l’invocazione del popolo contro le istituzioni; l’esaltazione del leader faber e provvidenziale. Non sorprende allora che, secondo un sondaggio Swg, l’elettorato del centrodestra, privo dei suoi riferimenti tradizionali, più di ogni altro abbia in disgusto la politica e invochi un cambiamento rivoluzionario.
Questo è il risultato di una disinibita sollecitazione dell’antipolitica e di una costante delegittimazione delle istituzioni.
Eppure il Cavaliere insiste nel proporsi come l’interprete dei moderati benché tutta la sua azione politica sia andata in senso opposto, fin dal 1994. Ora, difficilmente i suoi eredi potranno indirizzare il partito verso le sponde di una destra normale visto che due anni fa hanno respinto in blocco quell’ipotesi “cacciando” Gianfranco Fini. Inoltre sono gravati dall’incognita di una lotta per il potere all’interno del partito che si annuncia quantomeno vivace. Se veramente si svolgeranno delle primarie questa improvvisa democratizzazione della vita interna avrà  un effetto dirompente (e forse salutare).
Il Cavaliere lascia in eredità  una politica polarizzata, radicalizzata e inquinata, un paese economicamente e socialmente malconcio, un partito incerto e diviso. Una eredità  pesante per i suoi “giovani”.


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