«Cooperazione vitale» Ma mancano i fondi

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MILANO — La cooperazione è politica estera nel senso più nobile. Lo dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di benvenuto al Forum di settore «Muovi l’Italia, cambia il mondo» che si è aperto ieri a Milano, gli fanno eco il presidente del Consiglio Mario Monti, il ministro degli Esteri Giulio Terzi e l’anima dell’evento, Andrea Riccardi, titolare del primo dicastero della storia repubblicana che alla cooperazione è intitolato.
Ma i soldi non ci sono: lo sforzo dell’Italia è pari a un misero 0,19% del Pil (dati 2011) e dal 2008 in poi la riduzione delle risorse dedicate agli aiuti pubblici allo sviluppo viaggia attorno a un drammatico -90%. Gli obiettivi europei per il 2015 sono irraggiungibili (è lo stesso Riccardi a dirlo) e l’Italia resta in fondo a tutte le classifiche dell’Unione europea sui Paesi donatori, nonostante un minimo incremento dei fondi per il 2013.
Non che le cose possano cambiare radicalmente nel prossimo futuro: nonostante il richiamo di Terzi ad «affrontare con decisione il nodo delle risorse finanziarie», ci sono «gli ineludibili vincoli di bilancio» ricordati da Napolitano. E Monti ha ammesso che se è vero che la «centralità  della cooperazione allo sviluppo dovrà  essere rafforzata anche sul piano delle risorse», ciò potrà  avvenire solo quando «le condizioni di bilancio lo renderanno possibile». Allora il senso della due giorni (un grande successo di partecipazione tra pienone di operatori e mezzo governo tra palco e platea del Piccolo Teatro) sembra essere soprattutto, come dice lo stesso Riccardi, ingaggiare una «battaglia culturale» per riportare il tema degli aiuti allo sviluppo nel dibattito nazionale attraverso una «narrazione pubblica».
Perché l’isolamento, ricorda in un lucido ed emozionato intervento Rossella Urru, la cooperante italiana tenuta prigioniera per nove mesi nel deserto del Sahara, non è che una illusione. Gestione dei flussi migratori, sicurezza energetica, promozione delle nostre imprese, presenza sulla scena globale: gli aiuti allo sviluppo non sono solo un «imperativo etico», ma anche un «investimento strategico», insiste Monti. In una dimensione di interdipendenza globale, spiega il premier, quello che una volta era «un gesto unilaterale» di solidarietà  oggi «coincide con una visione illuminata del proprio interesse», un abile esercizio di soft power, grazie alla capacità  molto italiana di creare nel mondo (meno in Italia, annota amaro Monti) un grande capitale sociale.
Ma al di là  delle buone intenzioni servono nuove idee e nuovi strumenti. Il forum, che si chiude oggi con una tavola rotonda moderata dal direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli, vuole essere un modo per ragionarci. Discutendo per esempio delle normative (di cui da più parti si evoca una revisione), e della necessità  di fare sistema con i privati. «In un contesto di risorse limitate coordinamento e ricerca di sinergie sono imprescindibili», dice Terzi. Ma nei confronti del settore profit resta un certo scetticismo, come dimostrano le polemiche sulla presenza dell’ad di Eni Paolo Scaroni e la richiesta da parte di imprese e cooperative di un maggiore coinvolgimento nelle scelte strategiche del governo.
E c’è poi il nodo di cosa accadrà  al neonato dicastero della Cooperazione. Riccardi si augura che sopravviva nel prossimo esecutivo, ma non sono un mistero le tensioni di questi mesi su ruoli e competenze con la Farnesina (anche se Monti dal palco ha omaggiato lo spirito di collaborazione tra i ministri).


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