Le radici divise del Sud Tirolo

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Lilli Gruber non è soltanto la celebre giornalista che ora conduce 8 e 1/2, ma un luminoso e insieme ordinato talento professionale: perché ha imparato a coniugare l’intuito con il rigore, l’irriverenza delle domande con il rispetto per l’interlocutore. Lilli è una giornalista che non si stanca di appagare la propria curiosità , che impiega ore per documentarsi, che prende appunti, che chiede lumi — senza remore — a chi, su un particolare argomento, le sembra più preparato di lei.

Questa fiera collega, che di turrito non ha soltanto il cognome — Gruber — ma anche il nome — Dietlinde —, addolcito però dal vezzoso diminutivo di Lilli, ha scritto molti libri. Ha raccontato la vita delle persone incontrate nei tanti Paesi che ha visitato come inviata del Tg1, ha registrato contraddizioni e sfumature, ha vissuto emozioni e ha condiviso sofferenze. Stavolta, però, l’impegno letterario è maggiore e più rischioso, perché Lilli ha deciso di compiere quell’attraente e scivoloso percorso che diventa inevitabile per tutti coloro che hanno viaggiato molto e che, a un certo punto della vita, avvertono l’irresistibile richiamo delle proprie radici.
Bisogna essere maturi, consapevoli, pacati e tolleranti per affrontare i labirinti della propria memoria familiare, e Lilli nel suo Eredità  (Rizzoli) ci è riuscita efficacemente, accostando le vicende e le suggestioni del passato con il suo presente di donna moderna e cosmopolita. Anzi, sovrapponendo quando possibile alla descrizione dei luoghi un’attenta rivisitazione con lo sguardo e le esperienze di oggi. Non era facile, anche se l’autrice è stata aiutata da due preziose scoperte: il diario della bisnonna Rosa e le lettere della prozia Hella, che erano stati strappati all’oblio e conservati gelosamente nei cassetti della casa patriarcale di Pinzon, e nelle abitazioni dai tanti parenti di Lilli, che discende da un’importante e ricca famiglia di proprietari terrieri dell’Alto Adige. Con perizia, la Gruber compone e coniuga i documenti con qualche efficace tessitura romanzata per riempirne i vuoti temporali. Vicenda davvero forte, avvincente e marchiata a fuoco dalle contraddizioni della storia di una famiglia, della storia di una regione e della storia di un tribolatissimo periodo del Novecento. La famiglia dell’autrice, consolidata dalle tradizioni e dalla cultura tedesca, si trova a vivere dolorosamente la perdita dell’identità  â€” anche linguistica — della propria patria; vive con risentimento, dopo la Prima guerra mondiale, la campagna antitedesca scatenata dal regime fascista di Mussolini, che vorrebbe imporre l’italianizzazione coatta della regione; a un certo punto s’illude di poter trovare una sponda nella Germania di Adolf Hitler, che invece con il Patto d’acciaio si allea con il Duce, ritenendo il problema del Sud Tirolo un irrilevante ostacolo alle sue mire.
Lilli Gruber naviga sicura, nelle acque turbolente della memoria, per raccontare con la pazienza e la tolleranza dell’osservatore professionale un lungo tratto di storia. Con la bisnonna Rosa, fervente cattolica che ammira Francesco Giuseppe, disprezza Mussolini e teme Hitler, che già  all’inizio della sua dittatura si rivela un feroce detrattore della religione cristiana; e con la prozia Hella, ragazza ribelle affascinata dal nazionalsocialismo, che viene arrestata dai fascisti e spedita al confino in un paesino della Basilicata.
L’autrice racconta la sua Eredità  coniugando passione e distacco, comprendendo ma non giustificando scelte emotive compiute da chi, alla fine, soffrirà  doppiamente vedendo annientate dai fatti le proprie convinzioni. In fondo, Lilli sembra ritrovarsi nei panni dell’altera e disincantata personalità  della bisnonna Rosa, scomparsa nel 1940, prima cioè di dover vivere per la seconda volta, in pochi anni, la catastrofe e gli orrori di una guerra mondiale. Lilli, c’è da scommetterci, avrebbe saputo confidare alla bisnonna aspirazioni, ansie e problemi. Quelli di una giornalista vincente, che calamita ammirazione ma anche invidia, e che si è fatta strada senza raccomandazioni ma grazie all’intuizione di un grande giornalista napoletano, Antonio Ghirelli, che la volle alla conduzione del Tg2 dopo averla incontrata e averne ammirato la grinta. Condivido. Anche perché mi è capitato di andare con lei a Damasco, qualche anno fa, a casa dell’allora ministro della difesa Mustafà  Tlass. Il quale, alle prime dure domande di Lilli, si alzò e cercò — invano — di metterci alla porta. Per dire che le domande di Lilli non sono mai agevoli né facili.


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