Per Mariano Rajoy solo mezzo sollievo

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Il suo Partido popular (Pp) mantiene il proprio feudo in Galizia, dove potrà  continuare a governare grazie a una comoda maggioranza assoluta nel Parlamento di Santiago de Compostela. Perde consensi, invece, nei Paesi baschi: ma il dato politico che oggi pesa di più è il primo. Nella regione di Bilbao, infatti, contano molto quelle caratteristiche che fanno della politica basca un caso a sé nel panorama politico iberico. E quindi poco adatto a «misurare» tendenze valide per tutta la Spagna.
Questo non significa che dalla Comunidad autà³noma vasca giunga un messaggio poco importante. Al contrario: le urne hanno premiato le due forze nazionaliste – il Partido nacionalista vasco (Pnv) di centrodestra (34,6%) ed Euskal Herria Bildu (EHBildu) di sinistra (25%) – che vogliono mettere in discussione l’attuale modello di relazione con lo Stato spagnolo. Su questo fronte, quindi, per il Governo conservatore di Madrid si annunciano tempi difficili.
Ma ieri i commenti dei dirigenti del Pp erano tutti sulla Galizia, perché quel risultato consente loro di dire che «la politica di Rajoy per uscire dalla crisi è stata apprezzata». I numeri dello scrutinio, in realtà , descrivono una realtà  diversa: in termini assoluti, il Pp galiziano ha perso circa 140mila voti rispetto alle precedenti regionali nel 2009. Non poco, trattandosi di un territorio con meno di due milioni e mezzo di elettori. E ne ha persi di più se si fa il confronto con le politiche dello scorso anno: la cifra arriva a 200mila.
Ma la «vittoria» del Pp è resa possibile da altri fattori: l’aumento dell’astensione (36,2% degli aventi diritto: il vero primo partito), il crollo del Partito socialista (Psoe) e la legge elettorale. La principale forza di opposizione ha raccolto circa 230mila suffragi in meno rispetto al 2009 (passando dal 31% al 20,5%). Un’autentica débà¢cle, soprattutto se si considera che i socialisti potevano sfruttare il malcontento crescente verso la politica di austerità , condotta in regione dal presidente uscente Alberto Nàºà±ez Feijà³o ancor prima dell’arrivo di Rajoy al governo di Madrid. Il computo dei seggi secondo il famigerato «metodo d’Hont» fa il resto: con il 45,7% dei voti il Pp si prende ben 41 deputati su 75, con un bel «premio» equivalente a 9 punti percentuali. Le tre liste progressiste raggiungono insieme il 44,6%, ma ottengono ben nove rappresentanti in meno dei populares. Un quasi-pareggio profondamente alterato dalla legge elettorale.
A sinistra, infatti, non è solo notte fonda. Se frana il Psoe, cresce invece clamorosamente Izquierda unida (Iu), che in Galizia si presentava nell’inedita coalizione Alternativa galega de Esquerdas, che sfiora il 14%. Una lista «modello Syriza» che ha raccolto molti consensi anche fra chi tradizionalmente votava il Bloque nacionalista galego (10,1%), la formazione storica del nazionalismo incapace di arrestare un lento declino (nel 1997 aveva il 25% dei suffragi, tre anni fa era al 16%).
C’è materia di riflessione, dunque, per il malconcio Psoe guidato da Alfredo Pérez Rubalcaba, che ondeggia tra un’opposizione dura – come vorrebbero i sindacati – e offerte al governo di patti di «unità  nazionale» graditi all’influente quotidiano «progressista» El Paà­s. Sui socialisti, inoltre, pesa molto anche il voto basco. Il passaggio all’opposizione era scontato, ma un risultato «di tenuta» avrebbe almeno salvato l’onore del governatore uscente Patxi Là³pez, che in molti davano come possibile delfino di Rubalcaba. Invece è stato un crollo anche in questo caso: dal 30,7% del 2009 al 19,3%, che significa scendere da 25 a 16 eletti. E probabilmente addio «promozione» a Madrid per Là³pez.
Nel prossimo parlamento basco il gruppo più numeroso sarà  quello del Pnv con 27 seggi su 75, guidato dal governatore in pectore Ià±igo Urkullu. Molto probabilmente i nazionalisti di centrodestra formeranno un esecutivo monocolore di minoranza, che cercherà  sostegni variabili a seconda delle materie. Sulla revisione dell’attuale assetto di autogoverno sarà  più facile, almeno sulla carta, l’intesa con EHBildu, forte di ben 21 deputati. Sulla politica economica, potrebbero crearsi maggioranze neoliberiste ad hoc con i 10 rappresentanti del Pp più l’unico eletto della formazione centrista Unià³n Progreso y Democracia. Da notare che – sempre in virtù della legge elettorale – questo partito ha ottenuto un seggio pur avendo preso meno voti di Izquierda unida, che resterà  senza rappresentanza: per un soffio è impossibile anche la mera possibilità  teorica di una maggioranza di sinistra trasversale alla divisione fra nazionalisti e non-nazionalisti.
Al di là  delle geometrie parlamentari, il messaggio che viene dalle urne dei Paesi Baschi è chiaro: il nazionalismo è forte nel suo complesso e, all’interno di esso, la sinistra aberztale («patriottica» in basco) cresce come mai prima d’ora. Nel Pnv convivono attitudini diverse nei confronti di EHBildu: c’è un’ala che guarda con favore ad un «fronte identitario» che ponga subito la questione dell’autodeterminazione, e un’altra più prudente. Il prossimo governatore è ascrivibile a quest’ultima. Peseranno in ogni caso le eventuali scelte dell’Eta sul proprio auto-scioglimento, un fatto che potrebbe avvicinare le posizioni. E sicuramente influirà  lo scenario che si aprirà  dopo le elezioni di novembre in Catalogna, dove si annuncia un altro successo dei nazionalisti favorevoli alla separazione da Madrid.


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