Una manovra contro i più poveri

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Non certo un’operazione a costo zero, anzi. Le novità  fiscali della legge di stabilità  non piacciono alle Acli, che denunciano un rischio ormai diventato quasi certezza: che a pagare siano, come spesso accade, i più deboli. «Malgrado le buone “intenzioni”, il saldo economico per le famiglie e per le fasce più deboli della popolazione rischia di essere pesantemente negativo», scrivono in un comunicato. E il presidente Acli Andrea Olivero, interpellato da vita.it, rincara la dose: «A pagare di più, paradossalmente, saranno gli incapienti, cioè coloro che non sono tenuti a pagare l’Irpef perché percettori di un reddito troppo basso», spiega. «per loro infatti lo sconto sulle aliquote è ininfluente, mentre si troveranno a pagare di più, come tutti, i generi di prima necessità  i cui prezzi aumenteranno a causa del ritocco al rialzo dell’Iva».

Per Olivero è «iniquo» continuare ad aumentare le tasse indirette rispetto a quelle dirette, perché così facendo «si nullifica quanto è scritto nella Costituzione, e cioè che la tassazione deve essere proporzionata al reddito. Se si continua ad aumentare l’Iva, oltretutto su beni di prima necessità  e non certo sul lusso, si colpiscono i più poveri, quelli che già  stanno stringendo la cinghia». Una scelta in controtendenza sia con altre scelte che vengono fatte in altri paesi sia con le intenzioni dichiarate dal governo, che per Olivero «si è posto una domanda giusta, come non far pagare la crisi al redditi bassi, ma ha dato la risposta sbagliata».

Come uscirne? Per le Acli e Olivero – che lo ribadiscono da mesi in tutte le sedi – una soluzione a portata di mano ci sarebbe: «Una robusta patrimoniale, che sani gli squilibri tra chi negli ultimi quindici anni si è arricchito e chi invece si è impoverito sempre più, non perh vogliamo colpire i ricchi ma perché a fronte di una crisi straordinaria servono provvedimenti straordinari».


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