Campagna con piazze vuote lo scontro è in Tv e online

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È la corsa schizofrenica 2012, e la tribuna migliore sta qui sui Grandi Laghi. Illinois, Ohio, Wisconsin, Michigan, Minnesota: gli Stati industriali, lo stomaco impaziente dell’America. Se Barack Obama vincesse ovunque, com’è accaduto nel 2008, la riconferma sarebbe assicurata. Ma se perdesse uno solo di questi Stati, Mitt Romney avrebbe speranze d’arrivare ai fatidici 270 voti elettorali e, quindi, alla Casa Bianca.
Eppure chi arrivasse oggi a Chicago non vedrebbe l’agitazione di una vigilia. La città  di Obama — quella che lo ha festeggiato quattro anni fa e spera di rifarlo domani — è fredda e indaffarata come sempre, piena di steak-house e neon colorati, sopraelevate e sottopassaggi, vento sull’acqua e sirene nelle strade. Manifesti, cartelli, spille e coccarde sono invisibili. La campagna elettorale, ormai, avviene altrove.
Sui teleschermi, per cominciare, con buona pace di quanti dicono che nel 21° secolo la televisione non conta (magari perché la possiedono o la controllano). Conta eccome, invece. Una società  stanca, preoccupata e overworked (chi lavora, lavora tanto) è vulnerabile. Non ha tempo e voglia di paragonare proposte e programmi, rilevare contraddizioni, controllare dati. Trova la forza d’alzare il telecomando, però. Da quel momento viene bombardata di messaggi virulenti. Ogni partito attacca il candidato rivale con una ferocia e una tecnica difficili da immaginare altrove (vuole strangolare la classe media! è un cinico egoista! è un debole! un socialista! un europeo!). Non solo per la scelta del presidente. Anche per il Congresso, e nelle varie elezioni locali concentrate nella stessa data, martedì 6 novembre (l’America è diventata partigiana e nervosa, ma è rimasta pratica). Perfino qui a Chicago — benché l’Illinois, come la California e New York, sia una roccaforte democratica — la televisione mitraglia consigli interessati a pagamento: i candidati hanno cash to burn, come dicono qui, soldi da bruciare; e questi sono gli ultimi fuochi. In tutta l’Unione non-bianchi, donne giovani, persone istruite e redditi bassi votano soprattutto per Obama; i maschi bianchi di mezza età , istruzione relativa e buoni redditi propendono invece per Romney. I primi vogliono un’America solidale; i secondi sostengono di non aver bisogno di nulla e di nessuno (poi arriva un uragano o un incendio, e protestano per essere stati lasciati soli).
Per pescare elettori, la televisione è la rete a strascico; Internet fornisce le fiocine. Su ogni cittadino americano sono disponibili circa cinquecento (!) dati, disseminati tra registri elettorali, motori di ricerca, acquisti, abbonamenti, attività  sportive, associazioni, elenchi, autorizzazioni. Società  specializzate li raccolgono e li vendono ai partiti — che si rifiutano di spiegare cosa ne fanno, come ha rivelato un’inchiesta PBS/Frontline/Marketplace/ProPublica. Tailored political advertising, si chiama: pubblicità  politica su misura, gestita da computer sempre più potenti e algoritmi sempre più sofisticati. È il futuro, e a non tutti piace.
Se Margaret B., 32 anni, vive a Cleveland (Ohio), ha due bambini, un cane, passa le vacanze estive in campeggio, guida una Toyota Prius, svolge attività  di volontariato, frequenta la locale piscina, ama la musica rock ed è iscritta a un book club i suoi interessi sono chiari. Se John P., 62 anni, residente di Milwaukee (Wisconsin) ha un figlio, due nipoti, detiene un’arma da fuoco, guida un Dodge Ram ed è abbonato alla National Review avrà  priorità  diverse. Chi suonerà  alla porta di Margaret e John, li chiamerà  al telefono o proporrà  loro un video online saprà  regolarsi di conseguenza.
Anche il lavoro sul campo è cambiato. Basta fogli e formulari, elenchi e quaderni ad anelli. I rappresentanti dei partiti (canvassers) sono dotati di una app per iPhone e iPad che permette loro di prevedere, in molti casi, chi aspetta dietro la porta. Quando hanno ottenuto il responso — favorevole, contrario, indeciso — aggiornano direttamente il database centrale (quello dei democratici si chiama «VoteBuilder»). «Volevamo abbattere la distinzione tra organizzazione online e offline», spiega soavemente al New York Times Stephanie Cutter, numero due della campagna di Barack Obama. Anche i video e i banner che compaiono sugli schermi dei computer degli elettori sono mirati. La spesa per la pubblicità  elettorale online è aumentata otto volte rispetto al 2008 (160 milioni contro 20 milioni di dollari). Le norme, in alcuni Stati, impediscono di collegare le informazioni a un nome e a un indirizzo. Ma, come dice Joseph Turow, professore alla Annenberg School for Communication (University of Pennsylvania), «se vengo catalogato online, che differenza fa se mi chiamano Joe Turow o numero 43695?».
Nessuna, in effetti. Se vive in Ohio o Wisconsin — due dei dieci Stati che decideranno queste elezioni — Barack e Mitt gli scriveranno, lo chiameranno, gli suoneranno alla porta e gli sorrideranno, commossi, da un video: «Tu per noi non sei solo un elettore. Tu sei una persona, numero 43695!».


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