La Spagna blocca gli sfratti

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BARCELLONA. Ci sono voluti il suicidio di un granadino 54enne e dell’ex consigliera comunale socialista basca Amaia Egaà±a nella stessa settimana (più un terzo tentativo non riuscito), 400mila sgomberi coatti (più di 500 al giorno nell’ultimo anno), 2 milioni di appartamenti sfitti (secondo le stime più conservatrici: da sinistra parlano di 6 milioni) e una pressione sociale sempre più forte per convincere finalmente i due principali partiti spagnoli, Pp e Psoe, a sedersi attorno a un tavolo e prendere l’iniziativa di cambiare la legge sui mutui. Un sondaggio pubblicato dal quotidiano El Paà­s domenica dava un sostegno del 95% a una modifica della legge.
Con le importanti elezioni catalane a un passo (il 25 novembre), per un partito socialista che ha sempre più perso la bussola e per un partito popolare che si accinge a varare una nuova manovra lacrime e sangue, la questione casa rappresenta un’occasione d’oro per rifarsi la faccia in una gigantesca operazione maquillage.
Ieri si sono riuniti «nella massima discrezione» esponenti dei due partiti per identificare misure legislative che da un lato blocchino l’ondata di sfratti, e dall’altro convergano su una riforma della legge ipotecaria che risale all’inizio del secolo scorso. Una legge che proprio la settimana scorsa è stata fortemente criticata dall’Avvocata generale del Tribunale Europeo di Lussemburgo, secondo la quale la legge spagnola è incompatibile con la direttiva 93/13 che regola i diritti dei consumatori. Il ricorso all’alta istanza europea è arrivato da un giudice di Tarragona, in Catalogna, che ha chiesto al Tribunale di esprimersi su un caso di un cittadino di origine marocchina che ha perso la sua casa per non aver più potuto pagare il mutuo, e deve ancora alla banca più di 40mila euro, visto che il valore nominale della casa è molto inferiore rispetto a quello, gonfiato dalla speculazione, per cui aveva ricevuto un credito. Un danno seguito da beffa, come è accaduto a molti spagnoli per colpa di questa legge antiquata e della connivenza delle banche durante la bolla immobiliare e su cui il Tribunale Europeo deve esprimersi.
Anche la giustizia spagnola, non particolarmente famosa per i suoi afflati progressisti, nelle ultime settimane si è fatta sentire. Un rapporto firmato da 47 decani del Consejo General del Poder Judicial, l’equivalente spagnolo del Csm, punta il dito contro le pratiche abusive delle banche e chiede al governo di intervenire per ristabilire l’equilibrio delle parti. Il rapporto ha messo in evidenza il malessere di una parte sempre più importante della magistratura che vede i tribunali bloccati da un mare di richieste di sfratto da parte delle banche che tentano di rifarsi dopo essere state rimpinguate di denaro pubblico per coprire i loro debiti.
La Izquierda Plural e la Piattaforma contro gli sgomberi (Pah) hanno ricordato come Pp, Psoe e gli altri partiti hanno fatto orecchie da mercante sia durante il governo socialista, sia nell’ultimo anno di governo popolare di fronte alle loro numerose proposte di legge e a quelle di iniziativa popolare presentate in Parlamento.
Il movimento 15M in questi anni è riuscito a bloccare molti sgomberi grazie alla mobilitazione delle comunità  locali. Ma molte vittime delle banche si sono dovute ingegnare con altri trucchi, come per esempio quello di affittare a qualche prestanome il loro appartamento per evitare l’intervento giudiziario. Alcuni sindaci, come quello di Montoro (Cà³rdoba), hanno firmato ordinanze in cui ordinavano alla polizia municipale di non partecipare a nessuno sgombero e addirittura il sindacato di polizia ha affermato pubblicamente che avrebbe protetto i poliziotti che si fossero rifiutati di eseguire sfratti. Una iniziativa shock fortemente criticata ieri dal ministro dell’interno.
Dopo che sono stati resi noti i nomi delle banche coinvolte in due casi particolarmente odiosi di sgombero, che sono finiti con il drammatico suicidio delle persone colpite, finalmente lo scorso fine settimana, alcune banche sono uscite allo scoperto annunciando di aver bloccato i processi di sfratto «nei casi di estrema necessità » fino all’entrata in vigore della riforma prossima ventura. Alcune hanno pubblicizzato i (pochi) casi in cui hanno rimesso il debito con la restituzione del bene (la «dacià³n en pago», non ancora prevista dalla legge) o in cui hanno rinegoziato il debito. Due possibilità  che ad Amaia e a molti altri sono state negate.


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