Grasso in corsa con il Pd Il Pdl: così toghe meno libere

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ROMA — Pietro Grasso si candida con il Pd e lascia per sempre la magistratura. Entra in politica, annunciato dallo stesso Bersani su Twitter, ma non prende soltanto un’aspettativa per motivi elettorali, che pure ha chiesto (e la ratifica del Csm arriverà  con la prima riunione indetta per l’anno nuovo, il 7 gennaio): si dimette, con una decisione «irrevocabile». Le dimissioni sono una «scelta senza ritorno». Oltre alla richiesta di aspettativa il procuratore ha presentato domanda di pensionamento anticipato a partire dalla fine di febbraio. Il prossimo ottobre il suo incarico alla Direzione nazionale antimafia si sarebbe concluso ma Grasso sarebbe potuto rimanere al lavoro ancora fino al 2020; in ogni caso, il procuratore entra nel «listino» di Bersani, sarà  tra quelli (il 10% dei candidati pd) che saranno sicuramente eletti e non dovrà  affrontare le primarie che il partito ha indetto per scegliere il restante 90% dei candidati.
Si conosceranno oggi i motivi che hanno portato il magistrato campione della lotta alla mafia, tra le toghe più stimate sia a destra sia a sinistra, a cambiare idea rispetto a un anno fa, quando aveva detto: «Io in politica? Mai dire mai, tuttavia non guardo a un’eventuale esperienza politica sotto forma di schieramento con un partito, penserei piuttosto a quella che ho definito una “lista civica nazionale”». Si saprà  oggi perché Grasso alla fine ha scelto di candidarsi con il Pd.
Già  ieri, tuttavia, le reazioni non sono mancate. Riaprendo la polemica sull’opportunità  che un magistrato faccia politica, tutto il Pdl si è detto contrario. Il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri si è rivolto direttamente a Grasso: «Pur rispettando il procuratore e il suo impegno nella magistratura, gli chiedo: con questa sua scelta ritiene di aver rafforzato o indebolito il concetto di indipendenza della magistratura, già  così messo a dura prova da troppi togati?». In attesa della risposta, interviene Angelino Alfano, che si dice «molto rammaricato» dalla notizia perché «Grasso era un patrimonio nella lotta alla mafia. Questa sembra la risposta di Bersani alla candidatura di Ingroia». Fabrizio Cicchitto «al netto della stima che nutriamo per il dottor Grasso», giudica «paradossale e francamente inquietante che alcuni dei magistrati in prima linea nella lotta alla mafia entrino in politica».
Gli attacchi del Pdl costringono il Pd a chiarire subito qualche aspetto, anche prima della conferenza stampa. Tre i punti: primo, i contatti tra il capo dei pm antimafia e i democratici sono iniziati prima della crisi del governo Monti; secondo, soltanto dopo l’Epifania si saprà  in quale collegio correrà  il procuratore; terzo, la scelta di Grasso non è maturata in chiave alternativa alla figura di Antonio Ingroia. «Non è nel nostro stile presentare candidature della magistratura ispirate al “dipietrismo”. Quello di Grasso — spiegano dal Pd — è un nome giusto da spendere per la sua storia, il suo equilibrio e il suo impegno». Non solo Pdl, comunque. L’arrivo di Grasso sulla scena politica non piace anche ai Fratelli d’Italia (per Massimo Corsaro «il passaggio da un potere all’altro può sempre suonare sospetto») e a Francesco Barbato dell’Idv, che giudica la scelta di Grasso «un colpo basso alla democrazia». Perplesso Pietro Ichino: «Sulla persona non posso che dire bene, sul passaggio così rapido dalla magistratura alla carica parlamentare sarebbe opportuno prevedere un intervallo che separi nettamente le due funzioni».
Contento per l’arrivo di Grasso nel Pd è Pino Arlacchi, che difende la scelta e invita «a non confondere il procuratore nazionale antimafia con Ingroia, perché oltre 40 anni di servizio fanno la differenza». Pier Ferdinando Casini non esprime giudizi, su Twitter scrive: «Piero Grasso sarà  candidato nel Pd. Lo stimavo prima e lo stimo adesso, indipendentemente dalle sue scelte politiche».
Così come è avvenuto per Antonio Ingroia e Stefano Amore lo scorso 19 dicembre, il nulla osta (un atto dovuto) dovrebbe arrivare senza alcun problema non soltanto per Grasso ma anche per un altro magistrato che ha chiesto l’aspettativa per motivi elettorali, Stefano Dambruoso, che porta così a quattro il numero delle toghe che stanno decidendo in questi giorni di dedicarsi all’attività  politica.
Mariolina Iossa


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