Lombardia, lo scandalo dei rimborsi indagati 40 consiglieri di Pdl e Lega
MILANO – Qualcuno si è fatto rimborsare perfino le sigarette. Altri i cioccolatini che comprava in tabaccheria. C’è perfino un consigliere regionale del Pdl che sotto la voce delle «spese istituzionali» metteva i pranzi che consumava in un ristorante alla moda a pochi passi dalla sede del Pirellone, durante le pause delle sedute.
Quando il 10 ottobre scorso il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo ha spedito la Finanza in Regione ad acquisire i rendiconti 2008-2010 relativi ai rimborsi garantiti ai gruppi consiliari del Pdl e della Lega, probabilmente non pensava di scoprire così tante anomalie. Nel mirino sono finiti quasi tutti i consiglieri della maggioranza della giunta uscente guidata dal governatore Roberto Formigoni. Per loro, il sospetto dell’accusa è quello di aver ottenuto rimborsi per spese in realtà dubbie. Si parla di soldi pubblici che arrivano a un computo globale di milioni di euro ogni anno per tutti i gruppi consiliari e che si aggiungono ai già tanti benefit ottenuti dai politici.
A dare il via al nuovo scandalo sono state le verifiche partite, quasi per caso, sul leghista Davide Boni (ex presidente del Consiglio regionale, travolto da un’indagine per corruzione) e sull’ex assessore del Pdl, Franco Nicoli Cristiani, arrestato un anno fa con in casa una mazzetta da 100 mila euro. Nelle inchieste che li hanno coinvolti, decifrando alcune intercettazioni ambientali, Robledo e i suoi sostituti Paolo Filippini e Antonio D’Alessio hanno trovato tracce di cene che sarebbero state giustificate dagli assessori come impegni istituzionali, ma che di politico avrebbero avuto molto poco. Da questi sospetti è partito il mandato assegnato al Nucleo regionale di polizia tributaria di verificare il libro mastro delle spese e il tipo di giustificazioni presentate poi realmente. All’ufficio di presidenza regionale sono state fotocopiate tutte le uscite e i relativi scontrini che Pdl e Lega hanno presentato con allegata l’autocertificazione in un biennio. Le irregolarità , in molti casi, sarebbero lampanti, smaccate. Apparentemente tutte dovrebbero passare il severo vaglio della Corte dei Conti, ma questa operazione trasparenza sarebbe solo di facciata. Alla giustizia contabile, infatti, non è consentito controllare nel dettaglio le spese, ma solo il saldo finale. E così, a fianco dello stipendio mensile da 9 mila euro spettante a ogni consigliere – questo il solco su cui si sta muovendo l’accusa -, ci sarebbero sostanziosi extra che coprono le più disparate spese personali.
Due mesi fa è scattata la prima acquisizione: un atto puramente esplorativo. Poi, in questi sessanta giorni sono state passate al setaccio le migliaia di ricevute alla base dei rimborsi effettivamente erogati. Il risultato? Desolante. L’ipotesi avanzata dalla procura è quella di peculato che potrebbe presto essere contestata agli indagati e che, sempre ipoteticamente, potrebbe avere ben pochi margini di giustificazioni. Difficile pensare, per esempio, che un consigliere spieghi il rimborso di confezioni di cioccolatini dal nome francese come spese di rappresentanza regionale.
Il meccanismo scoperto, nei fatti, appare più semplice di quel che può sembrare. Gli inquirenti si sono convinti come sotto la voce «spese dei consiglieri per l’espletamento del mandato», e «spese di comunicazione», ogni anno ballino milioni di euro anche in Lombardia e operazioni truffaldine. Dai primi rilievi effettuati dalle Fiamme gialle, le irregolarità sarebbero palesi, tanto che gran parte dei 40 consiglieri della maggioranza del Pdl e della Lega potrebbero essere raggiunti presto da un avviso di garanzia con l’ipotesi di peculato.
Un filone, quello dei rimborsi, avviato dopo l’arresto per gli stessi fatti nel Lazio del consigliere del Pdl «Batman» Fiorito, e allargati a macchia d’olio in molte altre regioni. Anche se al momento le opposizioni lombarde non sono ancora finite sotto la lente della procura di Milano, è tutt’altro che escluso che molto presto gli inquirenti spediscano i finanzieri anche ad acquisire la «lista della spesa» rimborsata a Pd, Sel e Udc con i soldi pubblici.
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