Il nuovo welfare del lavoro I sindacati: ma ora serve di più

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ROMA — Forse non sarà  battuto il record del 2010, quando furono autorizzate 1,2 miliardi di ore di cassa integrazione, ma ci si andrà  molto vicini. Nel 2012 le ore di cig hanno già  superato il miliardo nei primi undici mesi e con il dato di dicembre, che l’Inps renderà  noto in questi giorni, ci si avvicinerà  appunto al picco di due anni fa. La Cgil calcola che un monte ore così elevato equivalga a 470 mila persone in cassa integrazione a zero ore ogni mese, con una perdita di salario netto di 7.300 euro per chi fosse rimasto in cig tutto l’anno. In realtà  la situazione è articolata perché la cassa colpisce i lavoratori con modalità  diverse: ci sono quelli che stanno a casa solo per qualche settimana e quelli che finiscono nella cig straordinaria appunto per uno o due anni, l’anticamera del licenziamento. Inoltre, l’Inps ha più volte sottolineato che un conto sono le ore di cassa autorizzate in seguito alle richieste delle aziende e un altro quelle effettivamente utilizzate, circa la metà .
Tutto ciò ovviamente non sminuisce la gravità  della situazione, testimoniata anche dagli oltre 130 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo. In questo contesto debutta la riforma degli ammortizzatori sociali varata dal governo Monti. Al posto dell’indennità  di disoccupazione arriva l’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego, che gradualmente, entro il 2017, assorbirà  anche l’attuale indennità  di mobilità , cosa questa che allarma i sindacati. I quali già  fanno pressing sul prossimo governo perché intervenga sulla riforma ripristinando anche per il futuro la piena tutela di tutti i lavoratori finora protetti dal sussidio di mobilità  che, in alcuni casi (lavoratori ultracinquantenni al Sud) può arrivare fino a quattro anni e che invece con l’Aspi, dal 2017, si ridurrebbe a 18 mesi per tutti.
L’indennità  di mobilità  salvaguarda il reddito (inizialmente l’80% della retribuzione con un tetto di 1.053 euro) di coloro che nelle aziende in crisi con più di 15 dipendenti vengono licenziati. Nel 2013 e nel 2014 la durata della mobilità , che varia da 12 a 48 mesi secondo le età  dei lavoratori e il territorio, non subirà  cambiamenti, ma poi convergerà  sull’Aspi. Del resto, obiettivo della riforma Fornero è uscire dalla logica dell’assistenzialismo prolungato per mettere in moto un sistema più dinamico dove sia più semplice trovare lavoro per chi è stato licenziato. Solo che, sottolineano i sindacati, mancano gli interventi per il ricollocamento (politiche attive del lavoro) che erano state promesse. E quindi è necessario non abbassare le tutele perché da un lato le aziende continueranno a licenziare e dall’altro si è allontanato il traguardo della pensione, anche qui per effetto delle riforme Monti-Fornero. «Il nuovo regime — dice Guglielmo Loy (Uil) — rischia di lasciare in mezzo a una strada milioni di lavoratori». Dal Pd, in vista di un possibile successo alle prossime elezioni politiche, sono già  giunti segnali di attenzione alle richieste dei sindacati, sia sul fronte degli ammortizzatori sia su quello delle pensioni (dal problema esodati a quello dell’indicizzazione al costo della vita).


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