La crisi delle libere professioni, nel 2011 calano gli abilitati del 7,5%

Loading

La crisi profonda in cui versano le professioni intellettuali in Italia è stata fotografata dai dati diffusi dall’Ufficio Statistiche del Miur sui risultati degli esami di abilitazione delle professioni. Quest’anno ci saranno 56 mila nuovi professionisti che afferiranno ai 18 ordini professionali e agli otto collegi esistenti, ma sono sempre di meno i laureati che scelgono di esercitare una professione da avvocato, commercialista, architetto o ingegnere, psicologo o odontoiatra. Per il quinto anno consecutivo, anche nel 2011 si è registrato un calo tra i laureati che preferiscono non sostenere l’esame di stato. La flessione è stata del 7,5%, ma se si considera il ciclo medio iniziato nel 2007 il dato assume un rilievo ancora più preoccupante. Il Ministero dell’Istruzione parla di un calo del 21,6%. Questa situazione non è stata provocata dalla difficoltà  degli esami, che restano tra i più accessibili in Europa, bensì dalla libera scelta dei laureati di non concludere i tirocinii o le specializzazioni, spesso dopo molti mesi passati negli studi come liberi professionisti a partita Iva che svolgono un lavoro dipendente a tutti gli effetti. Vale la pena ricordare che su questo sistematico abuso della partita Iva la riforma Fornero ha cercato di intervenire imponendo l’assunzione di questi «giovani» professionisti, anche se una circolare ministeriale del 28 dicembre scorso ha escluso la sua applicazione proprio agli iscritti degli ordini professionali.
Una beffa se si considerano le condizioni materiali di vita di quello che solo difficilmente potrà  essere ancora considerato il «ceto medio» delle professioni liberali, ma che in realtà  è sempre più un nuovo proletariato cognitivo che afferisce al Quinto Stato. Un rapporto dell’Ires del 2011 su un campione di 4 mila professionisti condotto nello stesso periodo delle rilevazioni del Miur, ha dimostrato che il 56,3% dei professionisti di area giuridica lavora a partita Iva, come il 54,5% di quelli dell’area tecnica (architetti e ingegneri). Il 41,8% riceve compensi a cadenza irregolare, mentre il reddito medio sfiora la soglia di povertà . Secondo l’Ires il 44,6% non superava nel 2011 i 15 mila euro lordi annui, poco più di 700 euro al mese. Il 23% percepiva meno di 10 mila euro. Ragioni sufficienti per spiegare l’esodo in atto tra gli architetti (nel 2011 hanno provato l’esame di stato 8.338 candidati, gli abilitati sono 4105). L’ordine di questa categoria registra un calo del 4% su 150 mila iscritti nel 2011. Sono sempre di più i giovani architetti che scelgono di abbandonare la professione per dedicarsi ad altro. Ancora più visibile è il tasso di abbandono dei laureati tra gli ingegneri. Complice anche il frazionamento dell’albo, dal 2007 il 15% dei laureati ha rinunciato all’esame di stato. Insomma la libera professione non garantisce più il riconoscimento sociale, anche perchè questi professionisti sopravvivono con redditi molto bassi e sopportano il peso crescente dei contributi previdenziali. Questa condizione è particolarmente esplosiva tra gli avvocati.
 I numeri del mega-concorso del 2011 confermano che la categoria gode di grande salute: 230 mila sono gli iscritti, addirittura in 30 mila hanno partecipato all’esame di stato, a breve si prevede l’ingresso nella professione di ben 15 mila nuovi avvocati. «Questi dati dimostrano che diventare oggi avvocati non significa essere occupati come accadeva nel Novecento – afferma Valentina Restaino, avvocatessa salernitana, tra le protagoniste di M.g.a., il movimento dei giovani avvocati che ha rivoluzionato il modo di fare politica forense con un gruppo facebook con 10 mila iscritti – chi passerà  l’esame sarà  in maggioranza meridionale. A Sud i laureati in giurisprudenza sono legati all’immagine dell’avvocato con lo studio dove mettere il parquet in radica di noce, compra una copia del digesto per mettersela dietro la scrivania e ritiene di essere dispensatore di verità  giudiziarie». Questi giovani avvocati, come i loro colleghi leggermente più anziani, verranno colpiti dall’applicazione dell’articolo 21 della riforma forense da poco approvata. Gli iscritti all’Albo saranno obbligati a iscriversi alla Cassa Forense,l’ente che eroga la pensione agli avvocati. «Per chi guadagna in media meno di 15 mila euro all’anno – continua Restaino – sarà  praticamente impossibile versare ogni anno 3200 euro alla Cassa».
Saranno almeno 30 mila gli avvocati a scegliere di abbandonare l’ordine. Una situazione non troppo diversa da quanto accade da anni nella maggior parte degli ordini professionali. Anche per questa ragione i laureati in giurisprudenza, e delle altre professioni intellettuali scelgono di abbandonare. E chi resta, cosa fa? «Non è un mistero – conclude l’avvocatessa – raschia il barile. Ci sono casi di avvocati che chiedono 25 euro ai migranti per portare a termine le pratiche sui permessi di soggiorno. Tutto questo non corrisponde alla professione di avvocato alla Calamandrei, però è un dato fondamentale per capire che questa professione va rivista oppure è morta».


Related Articles

Sciopero dei rider Deliveroo a Brighton

Loading

Gig Economy. I fattorini di Deliveroo hanno messo in atto uno sciopero spontaneo

Inail. Alle radici dei morti sul lavoro: irregolarità nell’86% delle aziende ispezionate

Loading

Presentato il rapporto annuale. 29% morti sul lavoro in più nel 2020 rispetto all’anno precedente: 1538 persone. Aumento nel primo trimestre 2021: +9,3%, 306 morti. 639 decessi per Covid, in particolare tra il personale sanitario. Dall’inizio della pandemia a maggio 2021 denunciati 175.323 contagi sul lavoro

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment