Corruzione spa non conosce crisi il giro d’affari è di 60 miliardi

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MILANO â€” Stop all’autolesionismo. Basta piangersi addosso. E’ vero che il pil dell’Italia è calato nel 2012 del 2,2%. Ma le eccellenze nazionali tirano ancora. Un esempio? I brillantissimi risultati della Tangenti Spa: il business della bustarella tricolore — calcola il Servizio anti-corruzione e trasparenza del ministero alla Funzione pubblica — muove ormai un giro d’affari da 60 miliardi l’anno, cifra con cui in Borsa si possono comprare Fiat, Enel e Unicredit messe assieme. E, soprattutto, viaggia con il vento in poppa: nel 2011 Roma era al 69esimo posto (su 179 paesi) nella classifica di Transparency International sulla percezione del malaffare nella pubblica amministrazione. Alla fine dello scorso anno siamo riusciti a far peggio, scivolando al 72esimo posto. Dietro Ruanda, Lesotho e persino alle spalle di Cuba.
LA ZAVORRA SULLE AZIENDE
Finmeccanica e Saipem, gli ultimi casi agli onori della cronaca, sono solo la punta dell’iceberg. Mani Pulite è servita a poco. Tangentopoli è ancora qui e l’Italia — ha ricordato pochi giorni fa agli smemorati il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino — deve fare i conti con un giro di bustarelle «gigantesco e sistemico, una piaga che si annida ovunque e che danneggia l’economia ». Quanto? I pochi numeri a disposizione mettono i brividi. Il 19% delle imprese della penisola – secondo un’analisi di Kroll International – è stato colpito in qualche modo nel 2011 dalla corruzione. Come dire una società  su cinque, il doppio dell’anno precedente. E i ricavi di un’azienda costretta a lavorare in queste condizioni, calcola la Banca Mondiale, crescono in media il 25% in meno della stessa realtà  impiantata in una situazione dove l’unica stella polare è la competitività . Forbice che, purtroppo per noi, si allarga al 40% quando di mezzo ci sono le Pmi, la spina dorsale dell’industria di casa nostra.
I COSTI PER LO STATO
Pagano le imprese e paga pure – carissimo – lo Stato. Le mazzette necessarie per oliare i meccanismi bizantini della burocrazia tricolore, dicono i giudici contabili, generano un sovrapprezzo medio del 40% sulle opere pubbliche. Pallottoliere alla mano, significa che sui 225 miliardi di spesa previsti dal governo Monti nel piano di infrastrutture strategiche 2013-2015 si devono mettere in preventivo una novantina di miliardi in più, da contabilizzare alla voce “tangenti”. È un circolo vizioso che tende diabolicamente ad auto-alimentarsi visto che ogni punto perso nella classifica di Trasparency International si traduce, secondo l’agenzia non governativa, in un calo del 16% degli investimenti esteri nel paese interessato. E, sarà  un caso, ma Roma negli ultimi due anni ha visto crollare del 53% i flussi di capitali stranieri nella nostra economia contro il — 7% del resto della Ue. La sfiducia degli investitori esteri tra l’altro rischia di trasformarsi in un boomerang micidiale per un paese costretto a collocare ogni anno 400 miliardi di titoli di stato sui mercati.
POLITICA SFIDUCIATA
Le cifre, naturalmente, sono opinabili. Qualcuno ne contesta l’abnormità , sottolineando che in base a questi dati l’Italia garantirebbe — e c’è poco da vantarsi — il 50% del giro d’affari della corruzione made in Europe, stimato dalla Ue a 120 miliardi. Di sicuro però nel campo abbiamo pochi avversari. Le rilevazioni di Transparency — che ieri apriva il sito con una tirata d’orecchi a Silvio Berlusconi per lo “sdoganamento” delle bustarelle internazionali — parlano chiaro: il 69% degli italiani si considera più esposto alla corruzione degli altri europei. L’89% pensa che il malaffare permei l’economia nazionale, un dato inferiore nella Ue solo a quello di Cipro e ben oltre la media europea del 67%. I colpevoli? La politica nazionale (67%) regionale (57%) e locale (53%), mentre si salvano forze dell’ordine (34%) e i magistrati (38%).
IL BUCO NEL PIL
Il Belpaese, naturalmente, riesce sempre tafazzianamente a metterci del suo. La nostra politica ha passato qualche lustro a depenalizzare i reati finanziari, varare indulti e sconti di pena senza muovere un dito per riformare una giustizia civile da terzo mondo. Approvando solo in zona Cesarini cinque mesi fa una legge anti-corruzione annacquata dalle resistenze del Pdl. Una retromarcia fotografata senza pietà  dal Rating of control of corruption â€” il “Trasparentometro” messo a punto dalla Banca Mondiale — dove il nostro punteggio è sceso dagli 82 punti del 2000 ai 59 del 2009, ultimo dato disponibile. A farne le spese, alla fine, è il Pil. Una nazione che combatte davvero il malvezzo delle tangenti ha un vantaggio competitivo di 2,4 punti di crescita economica ogni anno grazie a una concorrenza più sana, secondo la World Bank. Tradotto in soldoni significa 38 miliardi di ricavi in più ogni dodici mesi per l’Italia Spa. Più o meno la metà  della cifra necessaria per pagare gli interessi sul nostro debito.


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«Questi magistrati lavorano contro il Paese» . Mancano pochi minuti all’una quando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, esce dal Tribunale, afferra il microfono, si rivolge ai suoi sostenitori che lo attendono da quattro ore in via Freguglia e attacca il suo show anti-pm. Non ci sono predellini. Non servono. La scena è già  da film. Il Palazzo di Giustizia a pochi metri.

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