Crede alle 5 stelle un italiano su 5

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Ecco, credo che bisognerebbe partire da questo fenomeno, dal fatto che più di un italiano su cinque ha votato per il MoVimento 5 stelle, se si vuole capire il nuovo scenario politico che si apre con queste elezioni in pieno inverno.
Un paio di settimane fa, a Roma, mentre mi recavo a una riunione di lavoro ho chiesto al tassista che mi accompagnava: «lei per chi vota?». Il tassista, dopo un rosario di imprecazioni contro i politici, gli scandali, la vita che si è fatta amara e dura, mi risponde: «per Grillo!». Io non mi arrendo e cerco di capire di più, ponendogli una serie di domande. Lui mi risponde lapidario: per vendicarmi. Credo che in questa risposta ci sia la chiave di lettura dello straordinario successo del M5S inventato e guidato da Beppe Grillo. L’odio per la classe politica, la voglia di sfasciare tutto, di fargliela pagare è un sentimento diffuso nel nostro paese, un sentimento maturato nel tempo. Gli ultimi scandali, dalla regione Lazio alla Lombardia passando dalla vergognosa gestione politica del Monte dei Paschi di Siena, sono state le ultime gocce di un vaso che era già  pieno.
Tutto è cominciato, alcuni anni fa, con i libri inchiesta sulla classe politica definita «la casta». Il primo fu Cesare Salvi, con una ricerca sui «Costi della politica», poi altri testi minori seguirono finché non arrivò il grande successo del libro di Rizzo e Stella, per l’appunto La casta. Un libro che condanna severamente la classe politica e vende più di un milione di copie doveva essere recepito come una spinta a ridurre costi e prebende, ma tutto è andato avanti come se nulla fosse. A seguire, una serie di programmi televisivi, di inchieste giornalistiche di grande valore – tra cui Report e Presa diretta – hanno rafforzato l’immagine di una classe politica, di destra e di sinistra, lontana dai bisogni reali..
Dal 2008, con l’arrivo della crisi finanziaria, si è aperto un altro fronte di scontenti e arrabbiati nei confronti di una classe politica che ha salvato le banche affossando la società : i lavoratori e gli imprenditori, i pensionati, i giovani. Il governo Berlusconi, prima, e quello Monti poi – sostenuto da Pd, Pdl ed Udc – hanno scavato un fossato tra chi produce, e paga i costi della crisi finanziaria, e chi governa.
Se i costi della politica, la sua matrice parassitaria, il carattere strutturale assunto dalle «tangenti», erano moralmente insopportabili prima della crisi economica, adesso sono diventati assolutamente insostenibili, visto che si sono persi 800.000 posti di lavoro nell’ultimo anno, centinaia di migliaia di imprese hanno chiuso, un giovane su tre è disoccupato. L’equazione grillina è semplice: tagliamo radicalmente i costi della politica per pagare il debito pubblico. Chi si intende di bilancio statale sa che anche azzerando totalmente i costi della rappresentanza politica si risparmierebbero qualcosa come quattro miliardi di euro, certamente insufficienti per ridurre un debito pubblico che viaggia sopra i 2000 miliardi. Ma questi sono conti da ragioniere, non di chi va a votare con la rabbia nel cuore.
Naturalmente, il programma di Grillo e del M5S è più articolato e contiene molte proposte interessanti, che provengono dalla cultura della sinistra radicale – come il reddito di cittadinanza o il No alle grandi opere – così come peraltro contiene alcuni valori della cultura della destra radicale, tra cui la richiesta di abolire il sindacato o l’uscita dall’euro. Ma a contare non sono state queste proposte, non è stato solo il grande spettacolo inscenato in decine e decine di piazze, è stata soprattutto la capacità  di raccogliere una rabbia popolare – giusta e sacrosanta – e indirizzarla al voto per abbattere questa classe politica, e vendicarsi di quanto ha fatto.
Certo, se Grillo non fosse stato un grande uomo di spettacolo, una persona dotata di energia da fare invidia a un ventenne, tutto questo non sarebbe accaduto. D’altra parte, da sempre la storia prevede qualcuno cui spetta interpretare il malessere e la rabbia che cova nei confronti del potere. Negli anni ’90 è toccato a Bossi, adesso è la volta di Grillo. Ma, bisogna riconoscerlo, tra i due, c’è una differenza abissale. Non tanto per capacità  oratorie e spettacolarità  (anche Bossi ne aveva da vendere prima di ammalarsi), ma perché siamo entrati in un’altra fase della storia: il M5S, con tutte le sue contraddizioni, esprime una istanza etica, di moralizzazione della politica, e insieme di trasparenza, partecipazione e controllo dei rappresentati. In una parola: di democrazia dal basso.
Quanto queste istanze potranno tramutarsi in fatti e reggere nel lungo periodo, riducendo il peso e l’ombra del padre-padrone, è difficile dirlo. Solo ciò che accadrà  nei prossimi anni ce lo potrà  dire. Oggi, possiamo intanto registrare il fatto che la sete di vendetta non ha portato a sfasciare le vetrine o a incendiare le sedi delle banche (come in Spagna o in Grecia), ma a cambiare gli assetti politici del Parlamento. Si apre una nuova fase della politica, forse ora possiamo parlare di una seconda Repubblica.


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