Effetto Ratzinger sulla campagna rimonta più dura per il Cavaliere

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ROMA — «La campagna elettorale è finita alle undici e quarantasei di questa mattina». Luigi Crespi, sondaggista e spin doctor di quattro candidati («di destra e di sinistra») ne è assolutamente certo: la notizia delle dimissioni di Ratzinger è un ciclone capace di spazzare via tutto. Ma a questo punto a temere è soprattutto Silvio Berlusconi, lanciato in una difficilissima rimonta contro il tempo. Impegnato ovunque e allo spasimo per dare una scossa ai suoi elettori delusi del 2008, per rimotivarli al voto con proposte shock, battute e battutacce, Mussolini e l’Imu. Ora più nulla. «Il gesto del Papa un evento di tale portata — ammette Paolo Bonaiuti — che oscura la campagna elettorale. Ma è impossibile fare calcoli meschini di convenienza, dobbiamo tutti cedere il passo».
Ma a chi giova questo farsi da parte della politica in televisione, sui giornali, nei bar, nelle discussioni serali in famiglia? La paura del Pdl è che il silenziamento della campagna imposto dalla notizia del Papa — con il Conclave, le ipotesi sui “papabili” e tutto il resto — renderà  ancora più difficile la corsa ad ostacoli del Cavaliere. Perché Berlusconi, come ha calcolato Roberto D’Alimonte sul Sole24ore, «tra oggi e il 24 febbraio dovrebbe recuperare tanti voti quanti ne ha riconquistati negli ultimi mesi». Per avere una qualche speranza di vincere Berlusconi dovrebbe convincere il 50% degli indecisi in due settimane. Missione quasi impossibile senza una presenza massiccia in tv. Anche perché non c’è soltanto il caso Ratzinger ad oscurare la campagna. Oggi infatti inizia Sanremo e il black-out rischia davvero di essere totale. Non a caso ieri il Cavaliere ha masticato amaro perché «il Festival della canzone italiana diminuisce la possibilità  a dieci giorni dal voto di comunicare con gli italiani». Inoltre Sanremo sarà  in mano a Fazio, Litizzetto e Crozza. Un trio che terrorizza il Pdl vista anche l’audience sterminata del Festival.
«Ma devono stare attenti — avverte Maurizio Lupi — perché se esagerano con le battute contro di noi per loro potrebbe essere un boomerang. Come si è visto con la puntata di Servizio Pubblico, che è stata l’inizio della nostra rimonta».
Se Atene piange, Sparta stavolta ride. Nel quartier generale dei democratici il fatto che per qualche giorno il “Caimano” resti senza acqua fa tirare qualche sospiro di sollievo. Ma non è soltanto una questione di tempi televisivi. C’entra anche il “mood”, il clima di una campagna condotta fin qui da tutte le parti senza esclusione di colpi. Uno stile urlato che non giova a un anti-leader come Bersani, costretto alla serietà  dal fatto che tra qualche giorno potrebbe essere chiamato a palazzo Chigi. E difatti, con i suoi, il segretario del Pd ha convenuto che la campagna «ora dovrà  essere ricalibrata su toni diversi, più riflessivi». E il fatto che si abbassi il volume degli slogan, su una tonalità  più congeniale al carattere di Bersani, non può che far piacere a largo del Nazareno. A giovarsene in parte sarà  anche Mario Monti, il campione dello stile felpato. Oltretutto oggi il premier potrà  contare sul palcoscenico istituzionale offerto dalla cerimonia per l’anniversario dei Patti lateranensi. Dove Berlusconi non sarà  presente, visti gli attuali rapporti di freddezza con Oltretevere e l’imbarazzo che il leader del Pdl suscita in Vaticano. «Questo evento epocale dell’abbandono volontario del Pontefice — riflette Mario Sechi, spin doctor di Monti e candidato di Scelta Civica — oggettivamente cristallizza la situazione. È uno shock maggiore di tutti i possibili shock promessi da Berlusconi. E soprattutto congela le urla, impone ai leader di parlare più sottovoce». Chiaro che ad esserne penalizzati saranno i candidati estremi. Grillo anzitutto, ma anche il Cavaliere.
Per Alessandra Ghisleri il «silenzio tombale» che calerà  sulla campagna elettorale è un fenomeno dalle conseguenze imprevedibili. «Noi — rivela la sondaggista del Cavaliere — stiamo cercando di studiare cosa cambierà  in questi giorni. Intanto, ci saranno dei blocchi. Per tutti si impone, diciamo così, una par condicio superiore. Che sbarra la strada a tutti. Penso che Grillo, il più eretico dal punto di vista mediatico, avrà  le sue difficoltà , rimarrà  impantanato ». E Berlusconi? «Alla fine lui e Bersani riusciranno comunque a emergere, sebbene con maggiore difficoltà ». Ma la campagna «si concentrerà  a questo punto dopo Sanremo, si giocherà  tutto tra lunedì e venerdì della prossima settimana. Quando le dimissioni del Papa saranno già  metabolizzate ». Cinque giorni per conquistare 5 milioni di indecisi. Per Berlusconi una vera missione impossibile.


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