Maroni: contestare Kyenge non è razzismo

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MILANO — Un gruppo unico tra la Lega e il Front national di Marine Le Pen. E poi la Fpo austriaca (il partito che fu di Haider), gli anti islamici dell’olandese Gert Wilders (Pvv), slovacchi anti euro e fiamminghi stanchi del Belgio. Tutti uniti «non dall’anti europeismo, perché noi crediamo nell’Europa. Ma tutti convinti che questa Ue — dice Salvini — sia da cambiare».
Il faccia a faccia tra Marine Le Pen e il segretario leghista in effetti non può dirsi mossa diversiva rispetto alle polemiche nazionali sulla pubblicazione degli appuntamenti del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge: l’incontro a Bruxelles con la figlia del fondatore del Front era fissato da tempo. Semmai, lo è stato l’invito di Salvini via Twitter a pubblicare sui social network i propri «selfies», gli autoritratti con il telefonino esibendo la padania di ieri. Certo, Salvini non ha potuto evitare, in aula, gli strali del deputato italo-belga Marc Tarabella, socialista. Che gli ha dato del «fannullone» per la sua scarsa presenza in aula, «unico mai visto in riunione» durante la discussione riguardo alla direttiva sugli appalti pubblici.
Ma, qui da noi, la polemica sul ministro Kyenge è rimasta alta. A dissociarsi dalla linea del giornale leghista, però, è arrivato Umberto Bossi: «È un errore, si fa pubblicità gratuita a un ministro che non fa niente, che non lavora. Non ha nulla da dire». Dubbi anche dall’assessore lombardo all’Agricoltura, Gianni Fava: «Molti leghisti non hanno ancora capito che il ministro per l’Integrazione non è un problema per noi, ma per il Partito democratico». E dunque, la rubrica con gli appuntamenti del ministro «non mi sembra interessante. Io lascerei andare Kyenge per la sua strada. Continuare ad attaccarla fa il gioco di chi vuole farne una vittima».
Il governatore lombardo Roberto Maroni, invece, ha difeso l’iniziativa. Sia pure con qualche nervosismo. Si è chiesto «dove sia il problema» visto che «l’agenda è sul sito del ministero. Se siamo in democrazia si può fare. Non capisco perché contestare il ministro Kyenge sia razzismo e contestare il presidente Maroni sia un atto di grande democrazia». Poi, a chi gli chiedeva se l’iniziativa della Padania non avesse passato il segno, ha risposto con un secco «No. Le polemiche le fate voi giornalisti».
Il presidente del Senato Pietro Grasso non ha citato la Lega, ma in un post su Facebook dedicato alla nascita di Martin Luther King si è chiesto «per quanto potremo ancora accettare, anche nel nostro Paese, l’esistenza del razzismo e che qualcuno possa essere giudicato solo per il colore della sua pelle?». Mentre la presidente della camera Laura Boldrini, da Gerusalemme, ha annunciato un incontro con il ministro Kyenge «fissato dopo i ripetuti attacchi e insulti a sfondo razzista».
Ma lei, la responsabile dell’Integrazione di origine congolese cosa ha detto? «Siamo di fronte a una strumentalizzazione. La Padania pubblica un’agenda che non rappresenta tutta l’attività istituzionale, ma ne sceglie una parte con uno scopo ben preciso. Per questo io sto ripetendo che la politica si deve alzare tutta, perché qui è in pericolo la democrazia». Ieri mattina, a Palazzo Chigi è arrivata una lettera indirizzata al ministro che perdeva una polvere bianca. Sono intervenuti i vigili del fuoco, ma si trattava di un falso allarme provocato ad arte: la busta conteneva bicarbonato.
Marco Cremonesi


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