«Politica senza visione, è rimasto il vuoto»

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CITTà€ DEL VATICANO — «Vede, c’è una frase dal Diario di Sà¸ren Kierkegaard che amo citare: “La nave è ormai in mano al cuoco di bordo”, scrive il filosofo danese, “e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani”». Il cardinale Gianfranco Ravasi abbozza un sorriso un po’ mesto, il presidente del Pontificio consiglio per la cultura ha appena presentato l’assemblea che il dicastero vaticano dedicherà  dal 6 al 9 febbraio ai giovani, aperta da un’udienza con Benedetto XVI, e risposto pure alle domande dei ragazzi che gli arrivavano via Twitter, un senso diffuso di estraneità  e desolazione, la «tristezza» dei tagli alla cultura, una campagna elettorale che esclude i giovani.
Già  il livello del dibattito spesso non aiuta, ma il fatto è che «non possiamo avere una politica che sia esclusivamente di tipo economico, per quanto importanti siano quei temi», sospira il cardinale. «La pà³lis greca aveva anche la presenza di sapienti. Perché una società  ha bisogno di questo respiro, delle grandi prospettive. C’è anche un Pil del benessere, della felicità . E invece ciò che manca alla politica — come peraltro, penso, qualche volta anche alla Chiesa — è proprio la capacità  di presentare visioni globali vere e proprie: visioni globali della persona, della società  e del mondo». Manca la classica Weltanschauung, si direbbe, una visione del mondo, e meno male che ci si era rallegrati della morte delle ideologie…«Sì, è vero, ne hanno celebrato i funerali ed erano tutti contenti perché erano state sepolte, le ideologie. Risultato: è rimasta una piattaforma sabbiosa e arida, certe volte il vuoto. Non c’è neppure più l’assenza di qualcosa». In che senso, eminenza? «Lo scrittore Georges Bernanos distingueva tra vuoto e assenza. Perché parlare di assenza significa almeno avvertire che qualcosa manca. Ma il momento peggiore è questo: quando non ne avverti più neppure il bisogno. L’indifferenza. Tutto uguale, tutto irrilevante».
Il grande biblista ricorda che «otto secoli prima di Cristo, quando vuole esprimere che siamo arrivati al disastro, Isaia dice: “Guardai in giro e non c’era più nessuno da interrogare per avere una risposta”. Si dovrà  tornare a dare quelle risposte che ormai non risuonano più, nella cultura contemporanea». Mentre presentava l’assemblea sulle «Culture giovanili emergenti», il cardinale Ravasi ha citato le parole di San Paolo a Timoteo: «Nessuno disprezzi la tua giovane età , ma sii tu di esempio…». Bisognerebbe «prestare più attenzione ai giovani anche nella Chiesa, dove dovrebbero poter accedere anche a incarichi di responsabilità », ha spiegato. E ora sorride: «E Timoteo era un vescovo!». Ma il discorso, chiaro, è più ampio e riguarda la società  in generale, «la classe dirigente», la politica. Che fa, sostiene la cosiddetta rottamazione? Il «ministro» vaticano della Cultura scuote la testa divertito: «Immaginavo saltasse fuori ma no, la cosa è più complessa. È necessario dire a quelli che si sono insediati brutalmente che è ora di fare intervenire anche i giovani, aprire a un nuovo vento. E i giovani devono cominciare a prendersi le loro responsabilità  e a entrare in scena, tenendo conto però del fatto che non si comincia mai da zero. La rottamazione, se considerata come demolizione, è pericolosa. È vero quello che Giovanni di Salisbury attribuisce a Bernardo di Chartres, nel XII secolo: “Siamo nani sulle spalle dei giganti”. Significa che riusciamo a vedere più lontano perché facciamo tesoro del passato». Qui sta l’«ingenuità  della rottamazione», riflette: «È la pretesa di dire: alziamoci, tocca a noi. Ma per vedere più lontano bisogna avere un passato. E una delle crisi della società  contemporanea è di essere smemorata, o di non voler memoria. Chi non ricorda, però, non vive».
Così Ravasi si rivolge ai giovani e alle loro domande, consapevole dello scarto. «Mi sono persino esposto all’ascolto di un cd di Amy Winehouse per averne la prova immediata», ha scherzato. «Eppure in quei testi così lacerati musicalmente e tematicamente emerge una domanda di senso comune a tutti». Quei ragazzi che sono consapevoli «della media, del grigio, della mucillagine». Ha ragione Pascal, conclude il cardinale: «”L’uomo supera infinitamente l’uomo”. Non si accontenta. Lascialo pure così, fallo stupido, consideralo stupido, però alla fine, soprattutto se giovane, andrà  oltre».
Gian Guido Vecchi


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