Moralità  e lavoro, Pd batti un colpo

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Una cosa è dire a un sondaggista come si voterà  quando le elezioni sono lontane, un’altra quando si è alla vigilia del voto, un’altra cosa ancora è votare. Quando le elezioni sono lontane, l’elettore ammonisce il suo partito, lo rimprovera dei suoi errori e lo invita a emendarsi. Pertanto, quando il voto si avvicina, i politici accorti rassicurano i loro elettori.
Malgrado le batoste, queste cose il centrosinistra non le ha ancora apprese e seguita a cullarsi nei sondaggi propizi delle settimane scorse. Viceversa, Berlusconi le sa. E offre ai suoi elettori proprio ciò che si aspettano: meno tasse e condoni tombali. Non è credibile, dicono gli avversari. D’accordo. Ma un elettore moderato basta poco a rimotivarlo: sarà  pure demagogia irresponsabile, ma Berlusconi qualcosa almeno promette, oscurando la sua vita privata, le sue passate menzogne e i danni che ha fatto.
Il Pd si è invece fatto inchiodare alla vicenda Montepaschi. C’è ragione di pensare che non abbia colpe troppo gravi. Le banche dipendono dalle Fondazioni, che a loro volta dipendono dalle amministrazioni locali. A Siena la Fondazione è espressione dei partiti di centrosinistra. Imputargli in toto quel che queste forze politiche hanno combinato è troppo. Possiamo senz’altro interrogarci se il castello delle Fondazioni sia sano, o non lo sia, ma la vicenda Montepaschi va letta in tutt’altra chiave.
Il tempo in cui la politica colonizzava le banche è finito. Qualche briciola ancora è distribuita tramite le Fondazioni. Ma ciò cui stiamo assistendo è piuttosto la conquista da parte delle banche non tanto della politica, bensì dei vertici del governo della vita collettiva: la storia di Montepaschi è solo quella di un malriuscito tentativo di ascesa ai piani alti del sistema bancario e del potere da parte di una delle tante combriccole affaristiche in giro per l’Italia.
Che banche e finanza ormai ci governino è risaputo. Luciano Gallino ha scritto pagine esemplari sul tema. Ciò malgrado, restiamo tutti o quasi ancorati – è l’orizzonte di almeno un secolo – all’immagine del regime rappresentativo e della democrazia dei partiti. Ma si può governare anche in altro modo e con altre istituzioni.
Da anni le democrazie occidentali si dissanguano per salvare le banche dal disastro che hanno combinato. Se negli anni Trenta, al collasso del sistema bancario, le autorità  politiche reagirono – in Italia e non solo – mediante la sua pubblicizzazione, stavolta, a conferma di quanto le banche siano emancipate dal potere politico, una montagna enorme di quattrini pubblici ne ha medicato i bilanci, ma senza ottenere in cambio alcuna garanzia. Anzi: quando le banche si trovano tra i piedi qualche governante maldestro, vedi Berlusconi e Tremonti, lo licenziano senza complimenti e lo rimpiazzano con un loro fiduciario. Forse proprio loro reagiranno, a loro modo, alle panzane elettorali di Berlusconi e cercheranno di vanificarne l’effetto.
Già , perché se non ci pensano le banche a fermare Berlusconi, chi altri lo farà ? Non Monti, che è un loro fiduciario, che promette solo lacrime e sangue (e qualche sconto fiscale). Qualcosa dicono Ingroia e Grillo. Ma né l’uno né l’altro saranno decisivi dopo il voto. Ma chi dovrebbe parlare, e ad alta voce, ovvero il centrosinistra, invece tace. Quando dovrebbe fare ciò che fa Berlusconi dalla sua parte: dire agli elettori quel che si aspettano di ascoltare.
Siamo realisti e dunque lungi dal chiedere che ci raccontino panzane. Ma la pretesa di un mandato in bianco è eccessiva. Per gli elettori di centrosinistra due sono notoriamente le emergenze nazionali: la moralità  della politica e l’occupazione, specie nel Mezzogiorno. Ebbene, manco a schiodarlo con le bombe, Bersani dice alcunché che faccia notizia su questi temi. Sul lavoro da sponde opposte si sono mosse, facendo proposte, discutibili, ma concrete, Confindustria e Cgil: la replica del centrosinistra è stata il silenzio. Le crisi aziendali si susseguono con ritmo incalzante, il governo Monti contempla, e pure il centrosinistra seguita testardo a tacere. Gli basta dire quello che tutti sanno: che Berlusconi promette invano. Spacciandole per mirabile prova di democrazia, il centrosinistra ha messo in scena le primarie e il finto duello Bersani-Renzi. Ha quindi infierito con le parlamentarie, dove quasi sempre sono stati selezionati i soliti notabili di provincia con qualche pacchetto di voti per le mani. In Sicilia un paio di personaggi impresentabili sono stati rumorosamente sacrificati, ma a Torino in lista c’è addirittura un’amabile signora che ha guidato una sfilata contro i rom. Adesso ci si balocca col totoministri, e col futuro degli esclusi di rango. Ma fanno i conti senza l’oste. Le difficoltà  del paese stanno da un’altra parte e intanto Grillo e Berlusconi crescono nei sondaggi.


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? Matteo Renzi © Aleandro Biagianti

Ho pas­sato buona parte della mia vita (poli­tica e civile, s’intende) a com­bat­tere le scle­rosi con­ser­va­trici dell’assetto politico-istituzionale ita­liano, la sua gene­tica pro­pen­sione a per­cor­rere e riper­cor­rere senza fine le vec­chie abi­tu­dini e i vec­chi vizi.

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