Nomina Bloccata per Hagel il Segno della Paralisi Usa

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Al summit della Nato l’America sarà  rappresentata: ci sarà  ancora il ministro uscente Leon Panetta. Ma la situazione che si è creata al Congresso dopo il voto di giovedì sera, quella denunciata con parole durissime dal capo della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid, è davvero grave e senza precedenti. Durante il primo mandato di Obama i senatori repubblicani, benché in minoranza, hanno fatto un uso imponente del loro potere di veto (attivabile quando una norma è approvata ma non con la maggioranza «rafforzata» di 60 voti su 100), portando a volte il governo alla semiparalisi.
Ma il «filibustering» è stato sempre usato contro misure di governo, mai per bocciare una nomina. Nella storia americana solo due volte in passato si era fatto ricorso a un passo così estremo, e mai per una carica delicata e importante per la sicurezza nazionale come quella di capo del Pentagono. Perché questa svolta nonostante che gli stessi parlamentari della destra, pur critici con Hagel per le sue posizioni sull’Iran e la guerra in Iraq e Afghanistan, avevano escluso l’ostruzionismo?
Il clima è cambiato a cavallo del weekend scorso dopo una rara intervista dell’ex vicepresidente Dick Cheney che ha definito l’ex senatore del Nebraska la foglia di fico dietro la quale Obama vuole nascondere lo smantellamento del Pentagono, attribuendone la responsabilità  ai repubblicani. L’accavallarsi, poi, di varie ricostruzioni degli eventi che hanno preceduto l’assassinio dell’ambasciatore Stevens a Bengasi — soprattutto le voci di contrasti tra Cia, Casa Bianca e Pentagono — hanno reso ancora più pesante il clima.
Molti senatori repubblicani si sono, così, sentiti in diritto di cambiare posizione sul «filibustering». Probabilmente con l’intenzione di prendere altro tempo e continuare a cuocere a fuoco lento Hagel, più che per bocciarlo davvero. Ma adesso si è creata una situazione molto delicata. Nella votazione di giovedì, finita 58 a 40, solo 4 senatori della destra hanno votato per andare avanti col processo di nomina. La votazione verrà  ripetuta e ai democratici basterà  convincere un altro repubblicano per spuntarla. Ma ora il Congresso sospende i lavori per la festa del «Presidents Day». Non ci sarà  un altro scrutinio prima di dieci giorni: giorni che saranno pieni di attacchi e insinuazioni. E, intanto, l’America si presenta alla Nato senza sapere chi guiderà  il Pentagono e nemmeno chi sarà  il generale che assumerà  il comando militare dell’Alleanza. Il generale designato, John Allen, è stato scagionato nello «scandalo delle email», ma il caso ha lasciato il segno e lui probabilmente rinuncerà  all’incarico: lo stesso Panetta lo ha fatto capire. Al Pentagono ci sono già  almeno altri quattro candidati in pista.


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