Posti di lavoro e Innovare è l’ora dell’Industrial Compact
La sortita di Dassù è in perfetta sintonia con l’operato del commissario italiano a Bruxelles e responsabile Ue per l’industria, Antonio Tajani. Per Dassù le due leve fondamentali di una strategia europea sono il completamento del mercato unico e la creazione di un’area di libero scambio con gli Usa ma anche una politica attiva per reindustrializzare il Vecchio Continente. Del resto la seconda presidenza Obama si sta muovendo proprio in questa direzione perché tutto l’Occidente ha bisogno di produrre nuovi posti di lavoro e la sacrosanta scommessa sull’economia della conoscenza (in gergo «la strategia di Lisbona») si è rivelata quantomeno portatrice di una jobless growth, di una crescita senza nuova occupazione. Abbandonare la manifattura sarebbe dunque, per Dassù, un errore grossolano perché l’industria è un punto di forza non solo di Paesi come la Germania e l’Italia, ma dell’intera Ue.
L’industrial compact dovrebbe concretizzarsi in provvedimenti che rafforzino l’innovazione, dispieghino politiche commerciali più aggressive, scelte di approvvigionamento energetico pro industria e una combinazione degli interessi tra politiche ambientali ed esigenze della produzione. Stilando l’elenco viene da pensare che si tratta di misure che potrebbero rientrare nel novero di «una strategia del buonsenso» e non di un apporto originale, eppure la Ue finora è rimasta sorda a questo tipo di istanze. La verità è che la Grande Crisi ha rimesso in discussione molti dei dogmi economici che prima professavamo ma il pensiero di Bruxelles è rimasto indenne da tentazioni di ripensamento e di discontinuità .
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