Processo d’appello contro Eternit

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Un anno e un giorno dopo. Ancora sveglia presto, ancora in viaggio – in pullman con le bandiere sulle spalle – verso Torino. «Perché la lotta per la giustizia non è finita» dice Romana Blasotti Pavesi di Casale Monferrato, presidente dell’Afeva (associazione familiari e vittime dell’amianto). Al Palagiustizia è iniziato il processo d’appello Eternit sulle migliaia di morti per mesotelioma tra lavoratori e cittadini. Il 13 febbraio scorso, con una sentenza storica, i due imputati – la testa della multinazionale – Louis de Cartier de Marchienne, belga ultranovantenne e lo svizzero Stephan Schmideiny, 66 anni, erano stati condannati a 16 anni di reclusione, per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche negli stabilimenti italiani del gruppo. «Vorrei tanto alzarmi un giorno – racconta Romana con gli occhi lucidi – e pensare che sia tutto finito. Ma dobbiamo andare avanti. Ho fiducia del lavoro di Guariniello e dei collaboratori».
Il mesotelioma e la sua lunga latenza sono una brutta bestia. Il picco dei decessi nella città  di Casale, la più colpita dalla tragedia, non è ancora stato raggiunto. La strage continua. «La scorsa settimana sono morti due casalesi, tre settimane fa altri due. È uno stillicidio». Il pm Raffaele Guariniello sta lavorando a due nuovi fascicoli: l’Eternit bis, con i morti esclusi dall’attuale dibattimento e il ter sugli italiani che lavoravano l’amianto negli stabilimenti stranieri. Ma, attualmente, uno dei primi problemi dei familiari delle vittime è il risarcimento. Tra le oltre 6.300 le parti civili costituite in primo grado, 800 avevano ottenuto il riconoscimento di una provvisionale per quasi 100 milioni di euro. Tuttora non hanno ricevuto un euro dall’azienda. I legali del barone belga, poche settimane fa, hanno chiesto la sospensione degli indennizzi.
Le difese hanno chiesto una revisione completa del processo di primo grado. Oggetto dell’imputazione è l’attività  dell’Eternit nello stabilimento di Casale (Alessandria), ma anche in quelli di Cavagnolo (Torino) («Non dimenticateci, il nostro paese ha avuto 100 morti su 2000 abitanti» ricorda Giovanna Zanellato), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), anche se in questi due casi il reato è prescritto.
Ieri l’udienza è durata meno di un’ora, assenti come in primo grado gli imputati. A sostenere l’accusa ci sono di nuovo i pm Guariniello, Colace e Panelli. Come sempre affollata l’aula: oltre 10 pullman (500 persone) tra familiari, ex lavoratori, attivisti. «Stiamo dimostrando che la democrazia è partecipazione, non può essere una scatola vuota» spiega Bruno Pesce, coordinatore Vertenza amianto, parlando nel corso del presidio organizzato dall’Afeva e da Cgil, Cisl e Uil davanti al Tribunale. Presenti anche i comitati francesi e belgi.


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