Bocciato il bilancio della Ue “Meno austerità , più crescita”

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BRUXELLES — Il Parlamento europeo ha bocciato il bilancio di previsione dell’Ue per il periodo 2014-2020 che era stato concordato dai capi di governo dopo una lunga maratona notturna nel febbraio scorso. Adesso si apre una difficile trattativa tra l’assemblea legislativa e i governi nazionali. E’ la prima volta che gli eurodeputati, grazie al Trattato di Lisbona, dispongono di un potere di veto sulle risorse europee. E lo hanno immediatamente utilizzato per respingere al mittente il testo approvato dai governi nazionali, che prevedeva pesanti riduzioni alle risorse Ue e soprattutto presentava una inaccettabile incongruenza tra impegni di spesa, per 960 miliardi, e impegni di pagamento, per 908 miliardi. I tagli alla spesa, che il leader britannico Cameron aveva imposto e che aveva presentato come una «vittoria», andranno tutti ridiscussi.
La decisione è stata presa ieri dall’assemblea di Strasburgo a larghissima maggioranza: 506 a favore, 161 contrari e 23 astensioni. I deputati hanno approvato una risoluzione comune concordata da tutti i maggiori gruppi politici: popolari, socialisti, liberali, verdi ed estrema sinistra. In essa si legge che il Parlamento «respinge nella sua forma attuale» il documento sulle prospettive finanziarie 2014-2020 approvate all’ultimo vertice europeo «perché non riflette le preoccupazioni e le priorità  che aveva indicato ».
«Questo è un giorno molto importante per la democrazia europea — ha commentato il presidente del Parlamento, Martin Schulz — per la prima volta, è successo anche qui quel che accade normalmente a livello nazionale, dove i parlamenti decidono se accettare o no le leggi di bilancio proposte dai governi. Adesso vogliamo essere presi sul serio nel negoziato con il Consiglio per arrivare ad un compromesso che migliori il bilancio comunitario». La Commissione, che aveva dovuto subire i tagli imposti dai leader nazionali senza neppure protestare, ha salutato il voto del Parlamento e si è offerta come mediatore tra Bruxelles e le capitali per trovare una soluzione.
Sono cinque le condizioni che il Parlamento pone ai governi per accettare il bilancio. Primo: una diversa distribuzione delle risorse, con una maggiore attenzione alle politiche che alimentano la crescita e la competitività . Secondo: un impegno a saldare nel 2013 tutte le fatture inevase e in arretrato in modo che il bilancio europeo non si trovi più in deficit come avviene ora e che la eccessiva differenza tra impegni di spesa e impegni di pagamento non determini una situazione di squilibrio. Terzo: una piena flessibilità  tra le voci di spesa e tra i vari bilanci annuali, in modo che le somme non impiegate in un anno o per una certa politica possano essere dirottate sull’anno successivo o su differenti capitoli di bilancio. Quarto: una clausola di revisione che permetta alla nuova Commissione e al nuovo Parlamento, che saranno nominati l’anno prossimo, di correggere e modificare le prospettive finanziarie. Quinto: un impegno dei governi ad approvare un nuovo meccanismo di risorse proprie che elimini i contributi nazionali e dia al bilancio europeo una fonte di alimentazione indipendente dalle contabilità  dei governi.
Con simili condizioni, il negoziato che si riapre ora non sarà  affatto facile. Se Parlamento e Consiglio non dovessero trovare un compromesso, l’Unione europea sarebbe costretta a procedere con una serie di bilanci provvisori sulla base di quello del 2013, che è comunque più generoso del quadro finanziario che era stato approvato a febbraio. Ma una simile soluzione renderebbe quasi impossibile una programmazione pluriennale degli investimenti creando enormi problemi alle imprese e alle regioni che dipendono dai fondi europei.


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