Crollano ancora consumi e fatturato la recessione italiana è senza fine

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ROMA – Palazzo Chigi la chiama «notevole debolezza». Le agenzie di rating la usano per minacciare declassamenti. Il Paese la subisce come una guerra. Ma il punto è che la recessione non molla. Anzi rialza la testa anche in questo 2013, l’anno della luce in fondo al tunnel, diventato l’anno delle stime da rivedere in fretta. E tutte al ribasso.
Il governo Monti l’ha scritto in una relazione che ha inviato qualche giorno fa al Parlamento, in previsione del nuovo Def, il Documento di economia e finanza da presentare entro il 10 aprile. «L’attuale fase è ancora contrassegnata da una notevole debolezza». Tradotto, il Pil scenderà  ancora: -1,3% (dopo il -2,4% del 2012) anziché -0,2% che l’esecutivo prevedeva appena sei mesi fa. Sintomo di un quadro deteriorato, lo stesso sul tavolo di Moody’s, che potrebbe costare all’Italia l’ingresso nei Paesi spazzatura, quelli da cui non comprare un’auto usata, figurarsi i titoli del debito pubblico.
Ieri l’Istat ha confermato gli scricchiolii più sinistri. Nel mese di gennaio le vendite al dettaglio sono precipitate del 3% sull’anno: -3,5% quelle dei negozi, -2,3% nella grande distribuzione. I consumi crollano, gli italiani «non hanno i soldi nemmeno per comprare il cibo, l’acquisto di frutta è a -11,3%», lamenta Coldiretti. «Uno scenario desolante», per Confesercenti. Senza parlare dell’industria. Sempre a gennaio, dice l’Istat, il fatturato delle aziende è diminuito del 3,4% e gli ordinativi del 3,3% rispetto all’anno prima. Passato gramo, futuro molto nero. Bisogna «far ripartire più rapidamente la domanda», si allarma il governo. Eppure il decreto per sbloccare i 40 miliardi di debiti dello Stato verso le aziende, ossigeno puro, non c’è ancora. E quando ci sarà , porterà  il rapporto tra deficit e Pil al 2,9% nel 2013, anno del (fu) pareggio di bilancio, forse a rischio. L’Europa che una settimana fa avallava, ora è in fibrillazione.
Il quadro macroeconomico italiano è dei peggiori. Tre milioni di disoccupati, mezzo milione in più in dodici mesi (l’11,7% a gennaio, ma il 38,7% tra i giovani). Otto milioni di poveri. E quasi sette milioni in “grave deprivazione”, li definisce l’Istat, a un passo dal bisogno. Mille aziende che chiudono al giorno (365 mila nel 2012, dati Unioncamere). La produttività  oramai in caduta libera (-2,8% nel quarto trimestre 2012, dopo il -3% del terzo, calcola la Commissione europea). Cuneo fiscale al top (47,6% nel 2012, sesto Paese sui 34 dell’Ocse). E quindi troppe tasse sul lavoro, buste paga magre, aziende che non assumono oppure offrono posti mal retribuiti, precari, in nero. Il tasso di occupazione italiano (a gennaio al 56,3%) è tra i più critici e bassi del Continente. Meno della metà  delle donne lavora (46,8%). E chi ha un impiego si impoverisce, visto che tra il 2007 e il 2011 (dati Istat) il potere d’acquisto delle famiglie italiane è dimagrito di cinque punti. La luce nel tunnel si sposta sempre più in fondo.


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