GLI ERRORI DA EVITARE PER AIUTARE LE AZIENDE

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In passato, soprattutto nei momenti di maggior vigore operativo del governo Monti, la sensazione era stata la stessa salvo poi dover ammettere di essersi illusi. La novità  più importante è il semaforo verde attivato a Bruxelles e che ci consente di spendere, sempre restando sotto il leggendario 3% di rapporto deficit/Pil sancito dalla tavole di Maastricht. Ma faremo in tempo a emettere il necessario decreto prima che il governo in carica debba cedere il passo?
Posto che parlare di tempi della politica in Italia è ormai un’arte divinatoria, in teoria si può concludere l’iter parlamentare entro mercoledì 3 aprile. Il rischio è che questa finestra temporale si possa chiudere per l’avvicendamento del governo, con tutte le conseguenze — solo in questo caso negative — che potrebbero arrivare anche a rimettere in gioco il giudizio della Ue. Va ricordato che stiamo ragionando su un perimetro «erogabile» di 40 miliardi, quando il ministro Vittorio Grilli ha comunque quantificato in 70 miliardi il monte-debiti della pubblica amministrazione verso le imprese e nella stessa giornata di ieri la Banca d’Italia invece ha fornito un’altra stima, addirittura di 90 miliardi.
Per procedere in maniera spedita è bene che i rimborsi da erogare siano segmentati in base al soggetto debitore, quindi Comuni, Regioni, lo Stato centrale, il sistema sanitario. Il debito dei Comuni, ad esempio, è stimato in 12 miliardi e almeno tre quarti dell’ammontare dovrebbero averlo già  in cassa fermo per le restrizioni previste dal patto di stabilità  interno e ora svincolabile. Le Regioni e le altre amministrazioni, invece, per pagare le imprese dovranno avere delle anticipazioni di tesoreria. Ma è decisivo stabilire un criterio per formare la graduatoria dei rimborsi. Sicuramente quello che si presta a un minor numero di contestazioni e riduce i margini di discrezionalità  è di ordine meramente cronologico. Più sono vecchi i debiti e prima vanno pagati. Adottando questa metodologia si può risolvere anche la contrapposizione tra banche e imprese. L’Abi ha fatto sapere che per quella parte dei pagamenti di cui i suoi istituti sono soggetti creditori è disposta ad accettare l’erogazione tramite titoli del debito pubblico. Bisognerà  fare attenzione a che anche per questo tipo di rimborsi venga seguito il criterio cronologico. Ci si deve fermare alla stessa data, evitando quindi sperequazioni e di conseguenza speculazioni politiche.
Il meccanismo di certificazione dei debiti che il governo Monti aveva concordato non ha funzionato. Né nella modalità  cartacea che era stata prevista in un primo tempo né in quella elettronica (la piattaforma gestita dalla Consip). Non più del 5% delle pubbliche amministrazione ha messo in rete i suoi debiti che di conseguenza sono rimasti fuori dai radar. Per ovviare a queste contraddizioni la Confindustria ha proposto il meccanismo del silenzio/assenso. Se l’amministrazione non risponde il credito è auto-certificabile. Il suggerimento è sicuramente utile e va adottato perché taglia i tempi e introduce un criterio certo. Il dubbio e la necessaria mediazione tra le esigenze delle imprese e quello di budget del ministero dell’Economia arriva subito dopo: per i debiti che risultano fuori dal rimborso dei 40 miliardi l’auto-certificazione è spendibile per scontare in banca quel credito o per compensarlo con versamenti di carattere fiscale/previdenziale da dover ancora effettuare, come legittimamente si attendono le imprese?
Come si può facilmente dedurre da quanto detto finora la materia che andrà  compresa nel decreto Grilli è ampia, i margini di discrezionalità  larghi ed è importante che si fissino delle regole/criteri. Altrimenti il percorso che dovrà  portare quei soldi nelle casse delle imprese rischia di fermarsi di nuovo, come è avvenuto incredibilmente in tutto questo tempo.


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