“La Fiat discrimina” Marchionne indagato

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ROMA — La Procura di Nola accusa la Fiat di discriminazione contro gli iscritti Fiom a Pomigliano. Ma questa volta a essere chiamato in causa, in quanto rappresentante legale dell’azienda, è l’ad Sergio Marchionne. Il manager è stato iscritto nel registro degli indagati insieme con l’ad di Fabbrica Italia Pomigliano, Sebastiano Garofalo. Duro il commento del Lingotto: “Decisione sconcertante e paradossale”.

Il braccio di ferro tra Fiat e Fiom è arrivato a coinvolgere personalmente Sergio Marchionne. Questo spiega il comunicato singolarmente duro diramato ieri dal Lingotto per esprimere «sconcerto». Il fatto che la Procura di Nola, nell’annunciare la chiusura delle indagini sulle discriminazioni perpetrate a Pomigliano contro gli iscritti alla Fiom, abbia implicitamente annunciato che tra gli indagati c’è l’ad del Lingotto rappresenta certamente un salto di qualità . Se tra venti giorni, ascoltate le ragioni della Fiat (che nel comunicato lamenta di non essere stata interrogata), si deciderà  per il rinvio a giudizio, avremmo il caso clamoroso di un amministratore delegato della Fiat alla sbarra con l’accusa di aver violato uno dei principi cardine delle democrazie di tutto il mondo occidentale: aver scelto i lavoratori da impiegare sulla linea della Panda non per la loro abilità  professionale ma sulla base delle loro convinzioni personali. Un’accusa gravissima in violazione dei più elementari principi liberali. Accusa che naturalmente la Fiat e il suo ad respingono accusando la Fiom di aver messo in campo un «interminabile, strumentale e infinito contenzioso ».Ma siccome un’azienda non è «Forum», c’è da chiedersi per quale motivo il Lingotto abbia voluto pervicacemente ostinarsi ad applicare una dottrina maccartista nei confronti degli iscritti alla Fiom di Pomigliano. Anche contro ogni logica. Sarebbe stato sufficiente (per quanto moralmente discutibile) far lavorare solo alcuni iscritti al sindacato di Landini per far decadere qualsiasi contenzioso. Perché invece la Fiat ha continuato a perseguire l’idea di una fabbrica defiommizzata fino al punto di lasciare che venisse indagato il suo amministratore delegato? E che cosa c’è di più antimoderno dell’idea di una fabbrica in cui si lavora in base alla tessera sindacale che si ha in tasca? Del paradosso si rendono evidentemente conto gli stessi vertici del Lingotto che infatti nel comunicato di ieri respingono l’accusa di discriminazione facendo l’esempio della Maserati di Grugliasco dove gli iscritti alla Fiom sono il 70 per cento.
Nonostante questo, osserva il comunicato, l’azienda è stata acquistata da Fiat ed è diventata una delle punte di diamante di un progetto ambizioso che già  oggi ha portato nella Penisola investimenti senza confronto con quelli di altre aziende.Il riferimento della Fiat alla Maserati di Grugliasco farebbe pensare che per il Lingotto c’è una Fiom ragionevole, quella di Torino, e una «cattiva», quella di Pomigliano. Con la prima si può discutere al punto di poter acquistare una fabbrica a maggioranza Cgil e destinarla alla produzione di auto di lusso. A Pomigliano invece la Fiom va tenuta fuori dai cancelli ad ogni costo. Ma anche alla Fiom «ragionevole» di Torino la Fiat ha a suo tempo chiuso le porte in faccia. L’iscrizione di Marchionne nel registro degli indagati arriva poche settimane dopo l’annuncio della rivoluzione dei prodotti. Non più utilitarie a basso costo ma auto premium di livello medio- alto. Per produrle è necessario avere manodopera più qualificata e maggiore consenso in fabbrica. Dunque il Lingotto è oggi al bivio: continuare a perseguire il sogno impossibile di una fabbrica con la Fiom fuori dai cancelli o, al contrario, porre fine alla discriminazione e pretendere dai metalmeccanici della Cgil il rispetto degli accordi anche quando non siano stati firmati dal sindacato di Landini. Non dovrebbe essere difficile: è un diritto della Fiat riconosciuto dalle sentenze dei tribunali.


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