E adesso rispunta il Napolitano bis

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POICHà‰ le vecchie soluzioni sono state tutte bruciate — quelle esplicite come Marini e Prodi e quelle coperte come D’Alema — ora si ricomincia da zero. Con l’ipotesi, sempre più concreta, che alla fine si torni sull’unica personalità  in grado di gettare un ponte fra gli schieramenti: Giorgio Napolitano.
Intanto oggi il Pd voterà  scheda bianca per leccarsi le ferite. Una delle possibilità , al momento, è quella di un ballottaggio tra un candidato moderato, frutto di un accordo fra Pdl, Monti e una parte del Pd, e Stefano Rodotà , sostenuto da Grillo insieme a Sel e un’altra frazione del Pd. Tanto che in molti ieri sera condividevano la previsione di Linda Lanzillotta, già  ministro con Prodi e ora vicepresidente del Senato per la lista Monti: «Archiviato Prodi il Pd esploderà  e quelli di sinistra voteranno Rodotà  insieme a Sel. In fondo è meglio così, si torna alla divisione fra due campi che rappresentano due culture politiche del paese». Insomma, ognuno torni a casa sua e addio Pd. Troppi cento franchi tiratori perché Bersani ritrovi la forza di proporre un’altra soluzione. Questo comunque chiederà  Berlusconi al segretario del Pd, un’altra rosa. Con dentro i nomi di Franco Marini, Giuliano Amato e Massimo D’Alema. «Entrambi a noi vanno bene — dice il Cavaliere — basta che si decidano ». Altrimenti si torni insieme a chiedere a Napolitano «l’estremo sacrificio» di ricandidarsi. In ultima istanza ci sarebbe la possibilità  che il centrodestra converga sulla candidatura di Anna Maria Cancellieri, lanciata da Monti dopo aver scartato un’altra ministra, Paola Severino. E tuttavia, nel caos in cui si è avvitato il centrosinistra, emerge l’idea di tornare a individuare un nome il più possibile condiviso. Lo pensa anche Matteo Renzi, che molti ieri sottovoce accusavano di aver compiuto l’omicidio politico di Prodi per avere la testa di Bersani. Il sindaco di Firenze ha replicato con sdegno. I suoi sostenitori hanno puntato il dito contro gli ex popolari e i dalemiani. Ma da questa guerra fratricida Renzi è comunque convito che si debba uscire. Certo, non con un candidato di quelli che si sono consumati finora. «Se qualcuno, dopo quello che è successo, pensa di rimettere in pista Amato o D’Alema — scandisce il renziano Roberto Giachetti — vuol dire che è fuori di testa».
E allora chi? Il nome che circola — ma che non dovrebbe essere speso oggi per lasciar decantare la situazione — è quello di Pietro Grasso. Il presidente del Senato che ha avuto i voti del centrosinistra e di una parte dei grillini. Quello che, lasciando lo scranno del Senato al Pdl, potrebbe consentire al cuore infartuato della politica di ricominciare a battere. Già  oggi gli ambasciatori del Pd e del Pdl ricominceranno a vedersi. E stamattina Bersani andrà  a parlare direttamente con Monti a palazzo Chigi. Proprio i montiani ieri pomeriggio erano a un passo dall’accordo su Romano Prodi. Ma evidentemente qualcosa avevano subodorato della lotta intestina del Pd e non si sono fidati. I capigruppo democratici Speranza e Zanda, incontrando alla Camera i civici Lorenzo Dellai e Mario Mauro, avevano provato prima del quarto scrutinio a chiedere i voti a favore di Prodi. E si sono sentiti rispondere in maniera circospetta: «Se voi tenete il vostro gruppo noi sabato votiamo Prodi. Ma prima vogliamo vedere i numeri». Una saggia diffidenza. Come quella che ha consigliato ai socialisti di Nencini di scrivere il nome di Prodi in minuscolo, per poter essere riconoscibili ed evitare (loro che avevano portato avanti Emma Bonino) l’accusato di aver tradito.
In una notte di telefonate e incontri segreti c’è anche un’altra ipotesi che rispunta a sorpresa. Raccontano infatti che Mario Monti sia tentato dal ritirare la candidatura Cancellieri per cercare il consenso su se stesso. Il premier ne ha discusso ieri sera con Berlusconi, senza per ora ottenere risposte definitive. Eppure, nello stallo totale, la candidatura del premier potrebbe essere il cilindro dal cappello. La frattura con il Cavaliere sembra infatti risanata. Il leader del Pdl ha molto apprezzato il fatto che Monti, nonostante gli anni passati insieme a Bruxelles, ieri si sia speso per affossare la candidatura Prodi in quanto troppo «divisiva». E a Ricky Levi, l’ambasciatore di Prodi che gli andava a chiedere di appoggiare il suo ex presidente ai tempi della Commissione Ue, Monti, in un angolo del cortile di Montecitorio, ha risposto gelido: «Romano è un candidato fortissimo ma la sua elezione impedirebbe la formazione di un governo insieme al Pdl. E per fare le cose che servono al Paese serve invece un governo con base parlamentare larga». Già , il governo. Dopo essersi tutti concentrati sul Quirinale, di nuovo è a palazzo Chigi che va cercata la chiave per uscire dalla crisi. Perché se ci sarà  accordo sul governo arriverà  anche l’intesa sul Colle. Su questo Berlusconi va avanti come un treno. «Voteremo qualsiasi candidato al Colle ci presentassero, che possa però poi portare alla possibilità  di un governo condiviso », ha ripetuto ieri notte il Cavaliere dopo aver letto sulle agenzie delle dimissioni di Bersani.


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