La linea del presidente: trincea sulla commissione e no alle accelerazioni

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ROMA — «Presidente, stiamo perdendo tempo?», chiedono ad alta voce i cronisti, tenuti a bada dal servizio d’ordine davanti all’ingresso dell’Università  La Sapienza. Giorgio Napolitano, circondato da scorte e professori, sente la domanda e replica al volo: «Io personalmente non credo». Questo telegrafico botta e risposta ispirato all’impaziente affondo di Matteo Renzi contro lo stallo politico («fate presto, decidetevi, sono passati più di 40 giorni dal voto… persino la Chiesa, che non è un modello di speditezza, è riuscita a organizzarsi in fretta») è l’unica esplicita traccia di ciò che il capo dello Stato pensa — e che vuole confermare come messaggio al Paese — sulla strana tregua in corso e sulle due commissioni di «saggi» insediati martedì dal Quirinale.
Giudizio scontato, quello del presidente della Repubblica. Il quale, trovandosi con le mani legate al termine di un doppio e non risolutivo giro di consultazioni, adesso difende il lavoro degli esperti da lui scelti per «facilitare», con la stesura di un’asciutta agenda di provvedimenti e riforme, il compito del suo successore nella formazione del governo. È come se dicesse: lasciamoli in pace al loro impegno istruttorio, hanno a disposizione non più di 8-10 giorni, domandare un’accelerazione non ha senso perché già  la prossima settimana si conoscerà  il risultato di quanto avranno messo a fuoco.
Una replica che sembra indirizzata a Renzi, ma soprattutto ai tanti altri, di diversi fronti politici, che insistono a recriminare sugli intenti che hanno mosso il capo dello Stato nel dare vita alle sue piccole squadre di consulenti. Cosa che lui ha spiegato e rispiegato, nel tentativo di azzerare le polemiche e i sospetti di chi lo accusava — tra l’altro — di voler così «perdere tempo».
Purtroppo, poche ore dopo questa puntualizzazione, uno dei «saggi» più illustri, l’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, caduto in uno scherzo-trappola di Radio 24, ha molto ridimensionato le chances risolutrici delle commissioni, con una dimostrazione di esplicito scetticismo. Una gaffe seguita da scuse riparatrici (sollecitate dal Colle), che non ne hanno però smorzato l’impatto. Una ricaduta pesante per Onida, per le commissioni di fatto sfiduciate e in qualche modo per lo stesso Napolitano.
Infortunio prima del quale il presidente, uscendo dal convegno all’ateneo di Roma in ricordo di Paolo Spriano dove la stampa lo attendeva, alla domanda se avrebbe fatto un ulteriore giro di consultazioni quando i «saggi» chiuderanno il loro incarico, aveva aggiunto una frase tutta da decifrare. Questa: «Voi sapete quello che sto facendo» (cioè che, nonostante la gran confusione, al Quirinale non si traccheggia e si studia come «facilitare» il quadro politico) «e quello che farò» (confermando così per l’ennesima volta che non pensa affatto di ricandidarsi per il Colle).
In sostanza: stretto nella morsa di un paralizzante incrocio di scadenze, il capo dello Stato sembra rassegnato a passare la mano a chi verrà  dopo di lui. Gli consegnerà  il testo con le conclusioni delle due équipes mobilitate, testo che per conoscenza invierà  pure ai gruppi parlamentari. Dopo l’elezione del successore, per il quale si comincerà  a votare dal 18 aprile, e mentre al Quirinale ricominceranno le consultazioni, lui uscirà  di scena. Con un certo sollievo, c’è da scommettere.


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