Lo sfogo di Renzi: dal segretario giochini per ridurmi all’ordine

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VERONA — «Complimenti, che devo dire? Bersani e Franceschini sono stati bravissimi. Hanno voluto darmi un segnale. Del genere: punirli per educarli. Ma tanto io il bravo non lo faccio. Non-lo-faccio. Hanno fatto un giochino da Prima Repubblica, con questa storia… E questo nome: Monaci. Peggio per loro, continueranno a perdere elettori».
Sono le 21 di sera. Matteo Renzi si divide tra la delusione e la rabbia, mentre è in viaggio verso Pordenone, dove oggi sosterrà  Deborah Serracchiani. Ha appena lasciato Verona, dove a «Vinitaly» ha fatto un incontro pubblico con Flavio Tosi. E proprio lì, su quel palco, alle 18 e 40, ha ricevuto la notizia: la sua esclusione dai grandi elettori del futuro presidente della Repubblica. È stato un brutto colpo, anche perché fino a ieri mattina sembrava cosa fatta. Invece nel pomeriggio lo hanno tecnicamente «fatto fuori». Dopo 10 ore di discussione il gruppo pd si è spaccato a metà : 10 hanno votato per Renzi (i suoi). Ma 12 si sono schierati a favore di Alberto Monaci, il presidente dell’assemblea che, con quello della giunta, Enrico Rossi, era in pole position. Monaci è anche l’esponente pd «sfiorato» dallo scandalo Monte Paschi e dal «caso Ceccuzzi». Ecco perché sempre Renzi, infuriato, a tarda sera si lascia andare a uno sfogo col Corriere: «Monaci sappiamo tutti, qui in Toscana, chi è. Viene da ridere. Scelgono uno che ha fatto quello che ha fatto. Avessero deciso per una persona autorevole, per una donna… A Bersani e Franceschini dico: se vogliono ridurmi all’ordine per comprarmi, niente da fare. Non ce la fanno. La verità  è che non mi sopportano». Ce l’avrebbe fatta, dice Renzi, senza i voti del Pd: «Bastava chiedessi a Udc e Idv… Però volevo essere eletto dal mio partito: preferisco perdere piuttosto che fare accordi. Ci tenevo, ma non devo fare questo lavoro qui nella vita…».
È la fine di una giornata che invece sembrava positiva. Al suo arrivo, al «Vinitaly», il sindaco di Firenze è accolto da applausi da stadio: «Ahò Matteo, sei meglio di Balotelli». Un consenso che quasi gli impedisce di camminare tra gli stand. Ad accoglierlo sul palco, il patron di «Eataly» Oscar Farinetti, promotore del confronto con Flavio Tosi, che Renzi saluta con uno scherzoso «ciao compagno». I due «leader del futuro» si osservano benevolmente. Tosi gli lancia un assist: «Se le primarie del Pd avessero avuto un esito diverso, ci sarebbe stato ricambio e oggi avremmo un governo». Il sindaco incassa l’applauso a occhi bassi. E quando prende la parola, il pubblico si attende che faccia Matteo Renzi. Lui li accontenta: «È vero, io non ho vinto le primarie… Le ha vinte Bersani. Però poi lui c’ha un piccolo problemino, che ha perso le elezioni. Che ho detto di male? Mettetevi d’accordo oppure si vota. So che Berlusconi e Bersani si stanno vedendo. Bene. Speriamo che si decidano. Mi hanno dato del qualunquista per aver detto di non fare i perditempo. Ok, non lo dico più. (Pausa). Ma loro possono smettere di perdere tempo?».
Alle 18 e 40 i microfoni vengono disturbati dal segnale di un cellulare acceso. Renzi prende in mano l’iPhone. Messaggia. Gli hanno appena comunicato che è stato escluso dai grandi elettori. Finisce l’incontro. Il Rottamatore fugge via. Ai suoi, che intanto lo chiamano infuriati, dirà : «Non fate cretinate. Non spacco il partito per questo. Io starò sempre a sinistra». Ma intanto il segnale (brutto) è arrivato. E la giornata è rovinata.


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Un nome che potrebbe raccogliere il consenso della maggioranza dei grandi elettori, dal Pd ai 5 Stelle, e così rappresentare finalmente quella condivisione che tanto abbonda nelle parole quanto scarseggia nei significati che sottintende.

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