Moda e design la fabbrica è green

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Dal divorzio all’alleanza. Dopo una lunga stagione di conflitto tra i conti dell’ambiente e quelli dell’economia, con i profitti che schizzavano verso l’alto e gli ecosistemi che affondavano, una parte dell’Italia sperimenta un’inedita intesa tra territorio e produzione. Riconoscerla, individuare gli imprenditori ecologisti,
non è difficile: in piena crisi gode di buona salute. Le 360 mila imprese che hanno scommesso sul green hanno una capacità  d’innovazione più che doppia rispetto alle altre, un volume di export di oltre il 50 per cento superiore e, invece di licenziare, assumono: sono 250 mila i posti di lavoro programmati per quest’anno.
Il profilo delle 360 mila aziende che puntano sul verde è disegnato nella ricerca sulle imprese italiane coordinata da Domenico Sturabotti, che la fondazione Symbola sta ultimando. A sorpresa, accanto ai settori più noti come le fonti rinnovabili e l’agricoltura di qualità , troviamo outsider che si sono ritagliati uno spazio nella competizione globale spingendo sul pedale dell’innovazione, della fantasia e dell’attenzione all’ambiente.
Partiamo dalle giostre. La capitale mondiale di questo business, che in Europa vale un miliardo di presenze annue, è in Polesine, a Bergantino e Melara, due paesi in cui da sempre si costruiscono sogni. Già  nel medioevo i laboratori e le botteghe della zona erano conosciuti e apprezzati per l’arte di regalare emozioni, un’attività  che è stata rilanciata su scala industriale all’inizio del Novecento e oggi conta, su scala regionale, 100 aziende, 3 mila addetti, un fatturato totale di 250 milioni di euro l’anno. Troviamo giostre venete al luna park di Coney Island a New York, al Dinosaur Park di Pechino, all’Europark di Parigi, in buona parte dell’America latina, in India, in Vietnam, in Russia, in Tajikistan. Giostre che, viaggiando, hanno portato innovazione ambientale. Un esempio è Technical Park che ha fornito a Copenhagen la prima Flying Fury, una struttura che dispone di un sistema di recupero di energia
che utilizza pannelli solari, in modo da indirizzare sul funzionamento di altre giostre i kilowatt non impiegati durante le fasi a minore velocità , o quando il giro sta per finire.
Ci sono anche settori meno spettacolari ma che producono profitti e aiutano marchi noti del made in Italy. Come quello delle macchine agricole. A Campodarsego, sempre in Veneto, due fratelli, Egidio e Giorgio Maschio, negli anni Sessanta hanno messo a punto, ingegnandosi nella stalla della loro casa, una fresatrice destinata a diventare la prima tappa di una filiera industriale basata su tecnologie a basso impatto ambientale, sul fotovoltaico per alimentare la produzione, sulla certificazione ISO9001. Il modello di business è la globalizzazione radicata nel territorio e rafforzata da un patto con il sindacato che ha garantito per 3 anni il posto di lavoro a tutti i dipendenti.
Nella moda, a parte Gucci che da tempo investe in impegno etico e sostenibilità , la ricerca di Symbola cita i jeans della Fimatex che ha inventato un sistema naturale per sostituire la micidiale tecnica della «sabbiatura» (polveri abrasive per invecchiare i pantaloni che aumentano il rischio silicosi per i lavoratori). Il gruppo abruzzese — 1.000 dipendenti, 15 milioni di capi — ha anche brevettato lo zero-waterjeans, un processo che abbatte del 90 per cento l’acqua utilizzata durante il lavaggio.
In campo alimentare c’è un dato base positivo di base: il 54,9 per cento delle imprese agricole ha ridotto l’uso di energia e acqua, il 15,3 per cento usa fonti rinnovabili, il 22 per cento ha diminuito l’impiego di concimi chimici e pesticidi. E ci sono casi di eccellenza. Come l’azienda Caprai, capofila del progetto della Doc Montefalco per diminuire le emissioni serra legate alla produzione del vino. O il pastificio Jolly Sgambaro che, garantendo la massima vicinanza tra campi e azienda, produce la prima pasta italiana a chilometri zero. Infine, sul fronte dei materiali riciclati, troviamo Valcucine (cucine riciclabili al 100 per cento) e Kubedesign, pioniere nel campo dell’arredo in cartone riciclato, che è arrivata a progettare mobili sempre più sofisticati. «La chiave generale della green economy in Italia è il matrimonio tra innovazione, territorio e bellezza», spiega Ermete Realacci, presidente di Symbola. «È importante il settore dell’edilizia: una casa costruita e coibentata bene fa risparmiare 1.500 euro all’anno di bollette».


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