PERCHà‰ L’ECONOMIA È ANCHE ISTINTO

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La loro critica al modello che ha spinto un gran numero di operatori e istituzioni finanziarie a riporre una fiducia cieca negli automatismi del mercato, assumendosi rischi d’investimento enormi in previsione di comportamenti razionali che non si sono mai materializzati, viene oggi generalmente accettata.
Ma su quali altre basi fondare le scelte — economiche, ma anche politiche e sociali — in un mondo nel quale, tra l’altro, chi decide deve tener conto di realtà  sempre più complesse e una moltiplicazione delle variabili? Qui le ricette si dividono, anche tra i maestri della stessa scuola di pensiero. E così, se Daniel Kahneman, lo psicologo israeliano-americano Nobel 2002 per l’economia, si limita a proporre di rallentare affidandosi al pensiero lento ed analitico, evitando quello veloce, basato sull’intuizione, che considera poco razionale, altri psicoeconomisti seguono strade diverse.
Col tedesco Gerd Gigerenzer, direttore del Max Planck Institut di Berlino e seguace di Herbert Simon, il primo studioso di psicologia a ottenere il Nobel per l’economia (nel 1978), che propone di applicare il metodo «simoniano» della razionalità  limitata in una versione che lui chiama «razionalità  ecologica». Ecologica nel senso di evitare, nel processo decisionale, analisi eccessivamente dettagliate, privilegiando, invece, la capacità  di adattare le scelte alla realtà  ambientale circostante.
Interpretando il pensiero di Simon (scomparso nel 2001), Gigerenzer nega che l’uomo segua alternativamente due diversi modelli di ragionamento (lungo e breve) e sostiene che anche la razionalità  semplificata, quella basata spesso su risposte istintive, ha una sua validità  perche poggia su una serie di euristiche, di criteri interpretativi, che hanno un loro valore razionale anche quando vengono attivati in modo istintivo o, comunque, inconscio.
Un dibattuto tra accademici poco comprensibile per il grande pubblico ma tutt’altro che rarefatto, quello in corso in questi giorni all’Istituto italiano di cultura di New York. Un confronto promosso dal suo direttore (e studioso della materia) Riccardo Viale e da un gruppo di esperti soprattutto americani e italiani (da Roy Radner a Massimo Egidi) che animano la Herbert Simon Society. Gli studiosi si sono infatti affrontati con insolita energia, sostenendo le loro tesi con toni accesi.
In che modo questo dibattito che si concluderà  stasera con l’intervento di Joe Stiglitz, un altro Nobel per l’economia, può tradursi concretamente nei metodi e nelle scelte degli operatori della politica e dell’economia?
La proposta più forte, e in qualche modo provocatoria, è proprio quella di Gigerenzer (prossimo presidente della Society), secondo il quale nei processi decisionali l’importante non è la completezza delle informazioni, la realizzazioni di analisi ottimali (che tra l’altro assorbono troppo tempo) ma la capacità  di usare il metodo euristico per orientarsi nella complessità : pochi criteri di analisi basati, dice lo studioso, sulla frugalità  e la capacità  di capire l’ambiente circostante, adattandosi ad esso.
Un criterio semplificato che non convince tutti ma con punti di contatto con quello proposto da un’altra celebrity dell’economia comportamentale: il giurista Cass Sunstein che, lasciata da poco la Casa Bianca dove è stato per quattro anni l’«uomo delle regole» di Barack Obama, pubblica in questi giorni «Simpler: the Future of Government». Nel saggio, Sunstein propone un metodo di governo basato sulla semplificazione delle regole e la sostituzione di molte norme con soluzioni di default (ad esempio nelle scelte per la salute o la riduzione dei gas serra) che spingono nella direzione voluta dagli amministratori, ma lasciando al cittadino una possibilità  di opzione. È la logica di «Nudge», il suo libro-manifesto del 2008, filtrato attraverso l’esperienza di governo.


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