Quel «passerino» di Maduro

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CARACAS. Due ragazze mozzafiato salgono le scale della metro, un gruppetto di uomini fischia, loro si voltano e rispondono sullo stesso tono: col fischio del pajarito, reso celebre dal candidato chavista Nicolas Maduro. Sui marciapiede di Caracas si vendono pajariti in tutte le salse e foto di Maduro che parla agli uccelli, modello San Francesco. Una moda che impazza dai primi giorni della campagna per le presidenziali, iniziata il 2 aprile e chiusa ieri in un tripudio di bandiere e simboli di opposte fazioni: berretti, spille e magliette di «un nuovo cammino» per Henrique Caprile Radonski, il candidato della destra rappresentante della Mesa de la Unidad democratica (Mud); uccellini, autobus, baffi e fotografie del presidente Hugo Chà¡vez, morto il 5 marzo, per il candidato del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), appoggiato da 14 formazioni.
Tutto è cominciato quando Maduro, in un comizio, ha raccontato che il defunto presidente – che lo ha pubblicamente indicato come il più adatto a dirigere il paese in caso di sua dipartita – gli era apparso un giorno in forma di «pajarito chiquitito», un uccellino colorato tipico del Venezuela: per consolarlo e dargli la benedizione. «L’uccello ce l’ha in testa», ha ribattuto Capriles. E Maduro, il giorno dopo, ha cominciato a fischiare, mentre artisti e gruppi musicali declinavano il pajarito nei più diversi ritmi.
Percorrendo il paese a bordo di un autobus, per rivendicare le sue origini operaie, il presidente incaricato ha sfoggiato sombreri tipici delle diverse regioni. Nello stato Vargas, vinto dal chavismo con oltre l’80% dei voti alle regionali del 16 dicembre, ne ha indossato uno debitamente provvisto di pajarito: un uccelletto di paglia bianco col petto giallo: «Guardate che bello – ha detto – sembra un sombrero vietnamita, dell’esercito di Ho Chi Minh, me lo ha regalato un compagno del Nicaragua». Non solo, quindi, la rivendicazione della propria «spiritualità », tipica di un’America latina religiosa e sincretica, ma due riferimenti storici non casuali: alla resistenza eroica del popolo vietnamita contro il gigante nordamericano e all’ultima rivoluzione del secolo scorso, quella nicaraguense. «Se perdo, riconosceremo i risultati», ha dichiarato Maduro, firmando un documento del Centro nazionale elettorale (Cne) davanti a una gigantesca manifestazione di operai che scandiva «È qui, è qui, la classe che governa».
Capriles, invece, non ha sottoscritto il documento, ma ha firmato un testo proprio in cui, di fatto, disconosce l’imparzialità  del Cne. «La destra vuole invalidare le elezioni», ha ribattuto il campo chavista esibendo documenti interni della Mud, e ha denunciato piani destabilizzanti di paramilitari salvadoregni, concordati nell’ambasciata Usa.
In questi stesso giorni si commemora d’altronde il colpo di stato attuato contro Chà¡vez l’11 aprile 2002. Sugli schermi all’aperto scorrono filmati d’epoca in cui Capriles e i suoi danno la caccia ai «comunisti», appoggiano la sospensione di tutte le garanzie costituzionali. Intorno, la gente grida: «No volveran», non torneranno.
Dopo la denuncia di Maduro, il governo salvadoregno ha ordinato un’inchiesta. In Venezuela alcuni «falsi militari» sono stati arrestati, altre persone sono state fermate con l’accusa di aver sabotato la rete elettrica per esasperare la popolazione. «Volete un borghese golpista e neoliberista a Miraflores oppure un presidente operaio e socialista che approfondirà  il progetto di inclusione sociale?» ha chiesto Maduro al blocco sociale che lo sostiene: quartieri poveri, operai, studenti, artisti, «classe media socialista», mobilitati al grido di «son dieci, son dieci, dieci milioni di voti».
Tutti i sondaggi danno in vantaggio il candidato chavista con almeno dieci punti di vantaggio. Il Nuevo Herald ne ha invece pubblicato uno della Datin Corp secondo il quale Maduro sarebbe in caduta libera nei gradimenti proprio a causa del pajarito e se la starebbe giocando quasi alla pari con il suo avversario, come dimostrerebbe la grande risposta di pubblico che Capriles ha ricevuto durante la campagna.
La strategia di Capriles è stata quella di presentarsi non più come l’affossatore, ma come il più efficace difensore delle misure sociali messe in campo dal chavismo: «Copione, ma perché non hai il coraggio di dire che sei un borghese imperialista che vuole privatizzare il paese?» ha ribattuto Maduro e ha messo in guardia chi volesse votare per la destra dalla maledizione della Macarapana: non una macumba, ma il riferimento all’omonima battaglia, nella quale – nel XVI secolo – le truppe spagnole hanno massacrato i combattenti dell’amerindio Guaicaipuro. Con la complicità  degli stessi indigeni.


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