Strage di bambini in Afghanistan L’incubo di un nuovo errore NATO

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Ancora donne e bambini afghani uccisi dalle bombe sganciate dagli aerei americani. Secondo fonti locali sarebbe una carneficina: undici bambini, tra cui uno di pochi mesi, e una o due donne. Pare che tra i feriti ci siano altre sei donne. I portavoce talebani confermano comunque la morte di sei loro guerriglieri, incluso due importanti comandanti, Gul Rauf e Ali Khan. Ma sono le vittime civili a rilanciare la tensione. Morti che pagano il prezzo di un conflitto difficile, dove un esercito convenzionale armato con il meglio della tecnologia bellica si scontra con la guerriglia talebana, primitiva, ma efficace, nascosta tra la popolazione e ben organizzata nella miriade di minuscoli villaggi dispersi in questo Paese dalla natura aspra, fatta di vallate remote, montagne inaccessibili. E vittime che ormai da anni sono causa di gravissime polemiche tra il governo del presidente Hamid Karzai e l’amministrazione americana alla testa dell’intervento internazionale nel Paese in risposta agli attentati dell’11 settembre 2001. Tanto grave si è fatta la crisi con il passare degli anni e la necessità  di rispondere alla ripresa delle attività  talebane che almeno dal 2009 i comandi Nato-Isaf hanno progressivamente ridotto le loro operazioni, specie aeree.
È sufficiente un’occhiata alle cartine geografiche per capire la complessità  del problema. Sabato mattina alle prime luci dell’alba i reparti del nuovo esercito afghano sostenuti via aerea dalla Nato hanno lanciato una forte offensiva nel distretto di Shigal, una zona sul confine con il Pakistan nella regione di Kunar. L’avanzata delle truppe regolari è stata però subito complicata dalla reazione della guerriglia. La cosa non è inusuale. A Kunar i talebani hanno una delle roccaforti più agguerrite. Vi è segnalata una forte presenza di combattenti qaedisti stranieri: pachistani, ceceni, arabi. Basta una mezza giornata di marcia a piedi e si entra nella zona pachistana di Bajaur, punto di passaggio per Dir, la vallata di Swat, il cuore pulsante del Pakistan fondamentalista, dove «occidentale» è sinonimo di «nemico» e dove Osama Bin Laden resta un eroe indiscusso. Qui i militari di Islamabad non hanno alcun controllo. Un centinaio di chilometri a sud di Asadabad, il capoluogo di Kunar, c’è Tora Bora, l’ultima base del capo storico di Al Qaeda prima della sua fuga in Pakistan nel novembre 2001. E per questi cieli transitarono gli elicotteri dei Navy Seals che il 2 maggio 2011 lo assassinarono ad Abbottabad.
L’aviazione Usa ha dunque bombardato per diverse ore sabato le postazioni talebane presso almeno tre villaggi. Sembra che le bombe abbiano però centrato anche alcune case dove si erano rifugiati gli insorti. «Siamo a conoscenza di un incidente a Kunar», hanno dichiarato i portavoce Nato ieri da Kabul. «I nostri aerei avevano dato copertura alle forze afghane. Sappiamo di alcuni feriti civili, ma non di morti. È stata aperta un’inchiesta», aggiungono. I reporter afghani che solo ieri sono arrivati sul posto hanno visto i cadaveri di alcuni bambini che erano stati portati con una processione di protesta dal governatore. Quelli delle donne sono nascosti al pubblico secondo le usanze locali. Ma il periodo è delicato. Le autorità  afghane sono in difficoltà  nel rimpiazzare i contingenti Nato-Isaf che si stanno preparando ad evacuare il Paese in modo graduale entro la fine del 2014. I talebani si sentono vincenti. Proprio sabato mattina una loro autobomba nella provincia di Zabul ha ucciso cinque americani, tra cui un giovane diplomatico. Un recente rapporto Nato segnala la diminuzione del 12 per cento delle vittime civili dei propri raid per il 2012. Pure, gli assassini e i ferimenti di dipendenti civili e militari del governo afghano per mano talebana nello stesso periodo sarebbero lievitati del 700 per cento.
Lorenzo Cremonesi


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