Forza Nuova insulta la Kyenge e sullo ius soli lei rettifica “Ok, ma a certe condizioni”

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ROMA — Chi nasce in Italia è italiano. Sì, ma a certe condizioni. Cecile Kyenge, ministra dell’Integrazione, precisa i contorni della sua battaglia a favore dello ius soli: mai puro, ma solo temperato. Una rettifica, che fa parlare il centrodestra di «sostanziale retromarcia ». Bipartisan invece la solidarietà  di fronte all’ennesimo insulto razzista, firmato Forza Nuova: “Kyenge torna in Congo”. «Non avevo detto che l’Italia doveva applicare lo ius soli puro — chiarisce la ministra — il tema è stato sollevato per suscitare un dibattito», anche perché bisogna «cominciare a dare degli strumenti a giovani che un giorno saranno i dirigenti di questo Paese». La stessa ministra precisa che «20 sono i disegni di legge presentati alla Camera sullo ius soli». E nessuno propone il modello puro, tipo Usa. Del resto non c’è Paese europeo che lo preveda: ovunque non basta nascere sul territorio dello Stato per diventarne cittadino, ma si richiedono altri requisiti, tipo la residenza regolare dei genitori per un certo numero di
anni. «Tutte le proposte in parlamento parlano di ius soli temperato », conferma Khalid Chaouki, deputato del Pd e promotore dell’intergruppo parlamentare sulla cittadinanza. Tradotto: nessun pericolo di invasione di donne incinte, attirate dal miraggio della cittadinanza italiana. Lo stesso presidente del Senato, Pietro Grasso, aveva segnalato i rischi di uno ius soli senza condizioni. Il problema è che la ministra Kyenge ha atteso troppo per chiarire la sua posizione, tanto che il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, parla già  di «sostanziale retromarcia». Chaouki suggerisce: «Bisogna essere più cauti nelle dichiarazioni per non bruciare una battaglia fondamentale ».
Intanto non passa giorno senza che la ministra d’origine africana sia oggetto di minacce o insulti. Gli ultimi ieri a Macerata. “Kyenge torna in Congo”: questo lo striscione affisso da militanti di Forza Nuova davanti alla sede locale del Pd (su cui indaga la Digos). Un attacco che unisce il fronte politico nella difesa della ministra. La Kyenge da parte sua ribadisce che gli insulti non la fermeranno e ringrazia «quella parte buona delle istituzioni che ha saputo reagire».


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