Siria, la Ue si spacca sulle armi ai ribelli

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RUSSIA e America discutono il futuro della Siria, mentre la Ue si sfalda sull’opportunità  di armare l’opposizione siriana, e quest’ultima, riunita a Istanbul da cinque giorni, si mostra incapace di esprimere una posizione unitaria riguardo alla Conferenza di pace voluta da Washington e Mosca.
Da Parigi, dov’erano riuniti ieri sera John Kerry, il segretario di Stato americano, e Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri russo, non arrivano indiscrezioni. Le due diplomazie, decise a tentare una soluzione politica per disinnescare il conflitto più sanguinoso del mondo arabo, premono ognuna sui propri alleati per raggiungere un accordo. Se si ascoltano fonti bene informate, Mosca non cede sulla figura del presidente Assad: la sua uscita di scena non può essere una precondizione ai negoziati. Washington, affiancata dai sauditi, impone alla Coalizione nazionale siriana di aprire i propri ranghi a personaggi laici e democratici per stemperare la supremazia dei Fratelli musulmani. Il governo di transizione, convengono Kerry e Lavrov, deve nascere dal «mutuo consenso fra governo e opposizione». Non sorprende se i due, in un comunicato, descrivano «ardua» l’impresa di organizzare una “Ginevra 2”. A fare lo sgambetto
a Kerry ci pensa il senatore Mc-Cain entrato ieri in territorio siriano per incontrare alcuni leader ribelli.
Proprio gli interrogativi riguardo alle componenti dell’opposizione, in particolare islamiste e qaediste, rinfocolano il dibattito nella Ue. Francia e Gran Bretagna non convincono chi chiede garanzie sui destinatari delle armi. È lapidaria Emma Bonino: «Notizie non buone». Sullo sfondo, un reportage di
Le Monde rafforza, secondo il ministro Fabius «i sospetti di un uso di armi chimiche », malgrado egli aggiunga, con Washington e Mosca, che servono
«verifiche molto accurate».


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