Usa e Taliban, prove di dialogo svolta in Afghanistan dopo 12 anni

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NEW YORK — Appuntamento domani a Doha. Sono passati quasi dodici anni da quando l’invasione Usa mise fine al regime dei Taliban in Afghanistan. Adesso, dopo anni di attentati, di terrore, di violenze indiscriminate, di guerriglia feroce, di migliaia di morti, gli ex “studenti” delle scuole coraniche, cresciuti nei miti dell’integralismo islamico, del califfato di Osama Bin Laden e del terrorismo di Al Qaeda, sono pronti a sedersi attorno a un tavolo con i “satana” americani che sognavano di distruggere.
Nel giorno in cui l’esercito afgano assume formalmente il controllo di sicurezza in tutto il paese, dalla Casa Bianca e dal governo Karzai arriva l’annuncio di un dialogo già troppe volte fallito. Da giovedì nella capitale del Qatar capi Taliban e funzionari del governo Usa proveranno a superare il primo scoglio per trovare una soluzione politica che ponga fine alla guerra iniziata dopo l’11 settembre.
Prove di pace non facili, fanno sapere gli uomini di Obama, scottati in passato dalle divisioni insanabili delle forze chiamate a costruire l’Afghanistan di domani: il governo di Kabul e quel presidente Karzai inviso a metà della popolazione; i leader Taliban in esilio; il Pakistan, potente alleato- nemico di Washington; gli stessi Stati Uniti e la Nato.
Questa volta alla Casa Bianca c’è un pizzico di ottimismo in più. L’annuncio dato (in tv) da un portavoce Taliban sull’apertura di un “ufficio politico” a Doha contiene — sottolineano a Washington — due punti cruciali: il primo che i militanti islamici non vogliono che il suolo afgano possa essere usato per lanciare attacchi contro altre nazioni (chiaro riferimento all’uso che ne fecero i terroristi di Al Qaeda), il secondo che si impegnano per trovare una soluzione pacifica alla guerra. Due punti che per gli americani erano una pre-condizione senza la quale i colloqui non sarebbero potuti neanche iniziare.
Restano però da superare, affinché il dialogo possa procedere veramente, due punti che sono irrinunciabili per l’attuale governo di Kabul: il disarmo delle milizie islamiche e l’accettazione da parte dei Taliban dell’attuale Costituzione afgana. Per Karzai questi due punti non possono essere elementi di mediazione in Qatar ma dovranno essere affrontati in Afghanistan (senza la partecipazione di Stati Uniti e Pakistan) in un confronto a due: «L’Alto Consiglio per la Pace (creato nel 2010 dal presidente proprio per trattare con i guerriglieriterroristi) si recherà in Qatar per discutere i negoziati con i Taliban» ha detto senza specificare se e quando avranno inizio gli incontri inter-afgani.
«È un primo passo importante verso la riconciliazione », fa sapere dal vertice G8 in corso in Irlanda del Nord Obama, non nascondendo le difficoltà («ci saranno molti ostacoli lungo la strada»), mentre un funzionario della Casa Bianca parla di «un primo passo importante di un percorso complesso, lungo e caotico verso la riconciliazione». Washington vuole che venga messa la parola fine alle violenze che quotidianamente insanguinano il paese (a iniziare dagli attacchi alle truppe Nato), appoggia le richieste di Karzai sulla Costituzione (compresa la parte, poco considerata da Kabul, che riguarda la tutela delle donne e delle minoranze) ma vuole al contempo evitare frizioni o rotture profonde con il Pakistan, considerato da sempre (e a ragione) il vero ispiratore e finanziatore della strategia Taliban. Da domani in Qatar alle parole dovranno seguire fatti. Altrimenti si rischia l’ennesimo impasse.


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