Franchi tiratori sulla Santanchè In bilico la sua corsa alla Camera

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ROMA — Gli ultimi compagni di partito che sono riusciti a parlarci ieri al tramonto giurano che, in privato, lei stessa esclude ripercussioni sulla vita dell’esecutivo. Per adesso, naturalmente. Di certo c’è che, durante l’intervista rilasciata a Lucia Annunziata a In mezz’ora, sempre lei aveva precisato che «questa non è la battaglia della mia vita». E che il suo obiettivo, semmai, «è evitare che aumentino le tasse e far sì che i giovani trovino un lavoro».

Ma al netto degli spifferi di parte e delle dichiarazioni ufficiali, la corsa di Daniela Santanché verso la vicepresidenza della Camera lasciata vacante dal collega di partito Maurizio Lupi, emigrato al governo coi galloni di ministro dei Trasporti, rischia di saltare. E di trasformarsi nell’ennesima disfida incrociata all’interno del Pdl. E, in parte anche dentro il Pd. Il tutto a colpi di voti segreti.

I rumors che arrivano dal gruppo parlamentare guidato da Renato Brunetta hanno ormai raggiunto anche il Pd. Tanto che dei possibili franchi tiratori, che sarebbero pronti a impallinare la Santanché nel segreto dell’urna, ne parlano apertamente tutti. «Che alla Santanché possano mancare i voti del suo stesso partito ormai tutti lo sanno», mormora il capogruppo di Sel Gennaro Migliore. Ed è lo stesso identico adagio che uno dei vicepresidenti dell’Aula di Montecitorio, il pd Roberto Giachetti, ha sussurrato a orecchie amiche anche ieri: « Alla Santanché dovrebbero mancare molti voti dello stesso Pdl, a quanto sento…».

Le tensioni interne al fronte berlusconiano, che si sono acuite dopo l’apertura ufficiale del cantiere della nuova Forza Italia, potrebbero scatenarsi proprio contro la pasionaria del berlusconismo. La stessa che ieri pomeriggio, in diretta televisiva, s’è scherzosamente chiamata fuori dalla contesa tra falchi e colombe autoproclamandosi – in omaggio a un vecchio ritratto che le aveva dedicato Il Foglio – «la pitonessa».

L’ora X, a meno che non si cerchi di imboccare tutti insieme la strada che porta all’ennesimo rinvio, è fissata per domani. E, per la corsa della Santanché, il responso parziale del pallottoliere è impietoso. Senza il voto compatto dei 93 compagni di partito, dei venti leghisti e di un qualche soccorso preso qua e là tra Pd e Scelta Civica, la partita si fa complicata. Molto complicata. Anche perché, dall’opposizione, un blocco improvvisato tra Sel e Cinquestelle potrebbe imporre un nuovo nome. «Noi di sicuro non diamo una mano alla Santanché», spiega il vendoliano Migliore. «E soprattutto ricordiamo a Pdl e Pd che le vicepresidenze sono sempre state divise a metà tra maggioranza e opposizione».È qualcosa di più di un messaggio ai naviganti. Anche perché il capogruppo di Sel ricorda che «quando venne eletto Lupi ancora non c’era questo governo. Quindi, sarebbe una situazione da sanare, altro che Santanché…».

A complicare ulteriormente la faccenda ci si mette una divisione in casa Pd. Pippo Civati e Francesco Laforgia lanciano il sasso nello stagno e lasciano intendere il loro voto contrario alla Santanché. «Non si può fare una questione di maggioranza o opposizione. Né possiamo dimenticare che la Santanché non mi sembra un gran candidato unitario. Era lei l’altro giorno a rilasciare le solite dichiarazioni che sappiamo al tribunale di Milano, no?», rincara la voce il renziano Giachetti. Una tesi, però, a cui si oppongono i fedelissimi di Dario Franceschini. «Non possiamo essere noi a decidere chi va in un posto che spetta al Pdl», scandisce Antonello Giacomelli. Che motiva la sua posizione con una domanda retorica: «Come avremmo reagito noi se la volta passata i berlusconiani avessero messo un veto sulla Bindi?».

Alla pessima aria che tira, si accompagnano voci sulle ambizioni verso quella poltrona di altri pidiellini, come Antonio Leone e Stefania Prestigiacomo. Ma sono soltanto voci. Quest’ultima, però, non solo si chiama fuori. Ma arriva addirittura a minacciare «un problema serio» per la tenuta della maggioranza qualora il Pd non riesca a gestire «i propri interessi di bottega».

Difficile però che, di fronte a una candidatura considerata «divisiva» come quella della Santanché, il Partito democratico si spinga più in là dell’indicazione di votare scheda bianca. Più facile che si punti a un rinvio della votazione. Altrimenti, tanti o pochi che siano, domani tornerà a scoccare l’ora dei franchi tiratori. Con effetti collaterali tutti da valutare. Tanto sul fronte della maggioranza quanto sul cantiere della nuova Forza Italia.

Tommaso Labate


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