Caso Shalabayeva, la polizia si difende Ora anche i legali preparano la denuncia

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La contrapposizione ha ormai raggiunto il livello di scontro, dopo l’iniziativa del presidente Mario Bresciano che ha accusato i funzionari di «aver agito in maniera omissiva e con una fretta insolita», e poi ha parlato di «gravi anomalie» aggiungendo: «Il giudice di pace è stato ingannato perché non le è stato riferito che il vero cognome era Shalabayeva, nonostante gli agenti ne fossero venuti a conoscenza sin dal primo giorno».

La relazione dell’alto magistrato è sul tavolo del capo degli ispettori di via Arenula. Esito finale dell’indagine che era stata disposta dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri proprio per verificare la regolarità della decisione presa dal magistrato onorario. Una copia è stata trasmessa pure al procuratore della capitale Giuseppe Pignatone e a questo punto sarà proprio lui a dover valutare il comportamento dei poliziotti. Anche se non è escluso che alla fine l’intero fascicolo debba essere trasmesso a Perugia. Già domani Pignatone potrebbe incontrare il questore Fulvio Della Rocca per valutare eventuali iniziative.

Al momento i pubblici ministeri hanno ritenuto che la procedura sia stata regolare e che non ci sia stato alcun tipo di omissione o di abuso. Posizione confermata ieri, anche tenendo conto che proprio loro decisero di non accogliere l’istanza dei difensori della donna che sollecitava un interrogatorio urgente per poter «chiarire la propria posizione e dimostrare che il passaporto intestato ad Alma Ayan e rilasciato dalla Repubblica Centroafricana non era un falso, ma un documento di “copertura”». E alla fine decisero di concedere il via libera all’espulsione. Un atto che, come si è poi scoperto, era una vera e propria «consegna» alle autorità kazake, visto che l’ambasciatore era stato per due giorni negli uffici del Viminale arrivando a dare disposizioni ai funzionari impegnati nelle ricerche del marito della donna, il dissidente Mukhtar Ablyazov.

Sono numerosi gli interrogativi ancora aperti e tra i principali c’è proprio quello rilanciato adesso dal presidente Bresciano. Perché, pur avendo appreso la reale identità della signora, si decise di portare avanti la pratica contro Alma Ayan? Sinora la polizia ha sempre sostenuto che «in questi casi si procede sulla base dei documenti di identità esibiti dagli interessati». La difesa della donna rappresentata dagli avvocati Riccardo e Federico Olivo risponde che «questo era certamente un caso diverso visto che si procedeva nella ricerca di un latitante e soprattutto a fronte di atti messi a disposizione dall’ambasciata kazaka in Italia che attestavano la situazione complessiva». E dunque sta valutando di presentare un esposto «che possa servire a risolvere tutti i dubbi e le anomalie» che tuttora segnano la vicenda.

«Abbiamo acquisito gli atti che non avevamo ancora potuto leggere — conferma l’avvocato Riccardo Olivo — e siamo orientati a rivolgerci alla magistratura in modo che si possano evidenziare eventuali responsabilità nello svolgimento completo della procedura, vale a dire dal momento dell’irruzione nella villetta di Casal Palocco, fino alla partenza della signora e di sua figlia Alua a bordo del jet privato della compagnia austriaca messo a disposizione dalle autorità kazake». Se davvero sarà depositata la denuncia, appare inevitabile che gli atti debbano essere trasmessi alla Procura di Perugia, competente quando l’indagine coinvolge magistrati in servizio capitale.

Fiorenza Sarzanini


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