Croazia: L’importanza dei mercati

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In occasione dell’ingresso della Croazia nell’Ue il giornalista di Jutarnji list Zeljko Ivanjek ha scelto di raccontare le impressioni dei suoi amici stranieri in visita a Zagabria, entusiasti dei monumenti storici come la cattedrale, la piazza di Marko, il tour Lotrš?ak o Opatovina [la città vecchia di Zagabria], ma incantati soprattutto dal mercato di Dolac.

Da anni ormai ascolto la stessa storia dalle guide turistiche di Spalato: la maggior parte dei turisti ci mette cinque minuti a fare il giro di Peristil (una piazza romana al centro del palazzo di Diocleziano), mentre le visite al mercato del pesce (Peskarija) e a quello ortofrutticolo (Pazar) durano almeno mezzora.

Nel Peskarija i giovani giapponesi scattano fotografie agli sgombri, alle mostelle e alle code di rospo. Nel Pazar i russi assaggiano i formaggi mentre i giovani backpacker comprano amarene, ciliegie e albicocche. I turisti fanno un pellegrinaggio nei nostri santuari gastronomici, dove esplorano erbe e piante bizzarre che noi croati mangiamo abitualmente ma per loro sono una novità assoluta: la cicoria amara, gli asparagi selvatici, la bietola dalmata, il cavolo delle falesie e tutta una serie di brassicaceae.

In generale le persone che arrivano in Croazia sono immancabilmente affascinate dai nostri mercati, che per loro si rivelano un’esperienza unica. Durante i miei numerosi viaggi ho visitato i mercati del pesce di Barcellona e Lisbona, ho girato per il Bitpazar di Skopje e ho comprato capretto secco a Sarajevo, spezie in Turchia e merluzzo fresco in Portogallo.

Pazar e Peskarija ci ricordano chi siamo veramente

Ma la verità è che sono pochi i mercati che possono rivaleggiare con quelli che potete trovare in Croazia e soprattutto a Spalato. Perché? Semplice: i nostri mercati non sono relegati ai margini della città accanto a moli o celle frigorifere industriali, ma impreziosiscono il centro storico delle città e mostrano l’importanza dell’alimentazione nella vita dei croati. I nostri mercati sono un simbolo della nostra identità plurale. La Mitteleuropa arriva sui banconi con i suoi funghi, i crauti e l’aglio selvatico; i balcani con il formaggio bosniaco di Travnik, il pecorino, il kajmak (formaggio simile al mascarpone) e i peperoni; il Mediterraneo con i carciofi, gli asparagi selvatici e le fave. Pazar e Peskarija ci ricordano chi siamo veramente, senza menzogne, senza farci apparire migliori di quello che siamo.

Sono convinto che i mercati facciano parte del patrimonio immateriale della cultura croata, un patrimonio che bisogna assolutamente preservare e difendere riconoscendo la sua importanza culturale, turistica e antropologica. Eppure non sono sicuro che il ministero delle finanze sia dello stesso avviso, e lo dimostra il suo tentativo di imporre ai mercati ortofrutticoli un modello di controllo finanziario inappropriato (ora tutti i rivenditori sono obbligati ad avere un registratore di cassa e a rilasciare uno scontrino fiscale).

A quanto pare sono l’ultima persona in questo paese a opporsi alla necessità di mettere ordine in tutti i settori. Nell’ultimo anno e mezzo il governo in carica ci ha deluso in diverse occasioni, ma bisogna ammettere che è riuscito a imporre una maggiore disciplina fiscale. La squadra del primo ministro Zoran Milanovi? e del ministro delle finanze Slavko Lini? ha saputo contrastare l’evasione fiscale e obbligare le grandi compagnie a rispettare la legge.

Ma ciò non toglie che il guardiano del Tesoro dello stato, arrivato come un “flagello di Dio”, avrebbe dovuto mostrare più flessibilità per quanto riguarda i mercati. Le sue misure, infatti, mettono in pericolo un’importante istituzione culturale, turistica e sociale. I mercati storici non devono trasformarsi in supermercati Lidl all’aria aperta o in centri commerciali senza tetto né aria condizionata. Se arriveremo a quel punto, una parte fondamentale della nostra identità nazionale sarà perduta.

Separati da Schengen

l’adesione all’Ue rischia di stravolgere questo equilibrio

Per i nostri mercati sono tempi duri. La loro bellezza e ricchezza deriva dal fatto che si trovano all’incrocio di tre regioni culturali di cui i mercanti di frutta e verdura e di prodotti regionali sono i migliori ambasciatori (senza saperlo), ma ora l’adesione all’Ue rischia di stravolgere questo equilibrio. Improvvisamente la frontiera dell’Unione si è frapposta con le sue regole doganali tra noi e il formaggio bosniaco di Livno o di Vlasic, e lo spazio Schengen ci separa dai melograni montenegrini e dai cocomeri e pomodori macedoni.

Le catene internazionali di supermercati presenti in Croazia hanno accolto l’adesione all’Ue con una valanga di sconti che senza dubbio convinceranno molti consumatori ad abbandonare i mercati, soprattutto se questi ultimi saranno costretti a vendere gli stessi prodotti (presentati nello stesso modo) dei grandi punti vendita che dispongono di parcheggio e aria condizionata.

Se aggiungiamo l’intenzione del governo di portare l’elettricità nei mercati e controllarne la fiscalità, capirete che le antiche istituzioni gastronomiche rischiano di trasformarsi in negozi comuni a cielo aperto, solo più cari, meno pratici e meno igienici dei grandi nomi come Interspar o Billa, ma altrettanto asettici e culturalmente monotoni.

Oggi è necessario trovare un compromesso ragionevole tra le rivendicazioni (giustificabili) dello stato e i problemi reali dei commercianti di pesce e di frutta e verdura. Chiunque ci provi dovrà tenere conto del fatto che i mercati non sono strutture ordinarie che si limitano all’attività basilare della compravendita, ma fanno parte della nostra storia e della nostra cultura. Sono lo specchio della nostra identità, un’attrazione turistica e un pezzo insostituibile della nostra vita. Quale che sia il compromesso che i comercianti raggiungeranno con il ministro delle finanze, non possiamo permetterci di perdere questi templi della nostra cultura e del nostro modo di vivere.

Traduzione di Andrea Sparacino


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