Letta scuote i suoi: ora non ci sono alternative

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ROMA — «I fighi». Li chiama proprio così, Enrico Letta, «i fighi». E quando parla di fronte ai deputati del suo partito (l’incontro col Pdl, già fissato per oggi, è invece slittato) lo scandisce: «Questi mesi dimostrano che, pur nella fatica, possiamo fare cose e farle bene». Ma, è l’avvertenza, «sulle riforme basta giocare a fare finta, a darsi un tono su Twitter, a cercare l’applauso facile, a fare i fighi. Perché non basta più». Altrimenti, è la subordinata, «saremo tutti travolti». Il niet a qualsiasi tentazione di elezioni anticipate è netto. «Arriviamo in fondo e cambiamo questo sistema insieme. Il percorso non deve avere il nome di nessuno. Non deve esserci alcun protagonista».

Sembra un richiamo, e neanche troppo implicito, a chi — come Laura Puppato o Pippo Civati — nelle ultime settimane s’è smarcato più volte dall’azione dell’esecutivo. E nella platea di deputati, che per la stragrande maggioranza lo applaude, qualcuno nota il silenzio su quel passaggio dei parlamentari vicini a Renzi. Un sospetto che si fa molto più concreto quando Paolo Gentiloni rompe il muro di «sì» al discorso lettiano e si smarca dal coro. «Enrico, dobbiamo essere poco compiacenti e molto esigenti nei confronti nostri e del governo». E soprattutto «dobbiamo ammettere che nelle ultime settimane, nell’azione del governo, ci sono stati più vizi che virtù».

Ma questo succede dopo. Prima Letta aveva ribadito che rispetto al suo governo continuano a non esserci alternative. «La gente ci giudica per quello che facciamo al governo, non per quello che faremmo per ipotesi. Possiamo riscrivere il dna del Pd così». E ancora, sempre dalla viva voce del premier: «Io ce la metto tutta e ce la possiamo fare». Quindi, c’era stato anche un richiamo a quel Pd entrato in crisi durante le elezioni per il presidente della Repubblica: «Dobbiamo costruire il Pd. Sono solidale con Epifani».

Il partito gli va dietro. «Dobbiamo avere ben chiaro tutti che siamo di fronte a un’impresa importantissima e drammatica», è l’argomentazione di Andrea Martella. E soprattutto, aggiunge il vicepresidente del gruppo parlamentare del Pd, «bisognerebbe lavorare per rinnovare il profilo del governo mettendo in cima alle gerarchie la detassazione di impresa e lavoro, e facendole seguire dallo stop all’aumento dell’Iva e dell’Imu». Il tutto in un quadro in cui «è chiaro», è la sottolineatura del dalemiano Andrea Manciulli, che «il governo non può cadere anche perché gli italiani non vogliono che cada».

I renziani, che attendono novità sulla partecipazione del sindaco alla Direzione di domani, rinviano lo scontro ai giorni che verranno. Tra loro è girato persino un sms anonimo che minaccia un ricorso «in tribunale» se non verrà fissata la data del congresso. «Se incontrassi Enrico Letta», dice Dario Parrini, a un passo dal diventare segretario del partito toscano, «gli direi che l’esecutivo dovrebbe sempre di più tingersi di Pd. Smarcandosi dal Pdl e accelerando su alcune questioni come la riforma della legge elettorale».

Sarà forse questa impostazione il motore dei rumors che si inseguono nelle ultime ore. Voci secondo cui Renzi stesso potrebbe farsi carico di sostenere un’iniziativa referendaria che abbia tra gli obiettivi proprio l’abolizione del Porcellum. Un’iniziativa in campo c’è, ed è quella del costituzionalista Stefano Passigli, che ne ha già parlato con Epifani e Vendola. Per il sindaco sarebbe un modo di marcare la differenza rispetto al partito, certo. Ma anche di abbattere il principio della «stabilità governativa a tutti i costi» contro cui si scaglia un pezzo del mondo che risponde al sindaco di Firenze. Tipo il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti: «Non se ne può più. Adesso se in Aula vedessimo un vaso in bilico che sta per caderci in testa, non ci potremmo muovere perché c’è questa benedetta stabilità del governo da preservare». Un ragionamento che Letta, qualche ora più tardi, respingerà al mittente. Con la frase contro «i fighi». E con un’aggiunta: «Io sono per la centralità del Parlamento. Ci sono dei limiti che non supererò mai. Ma vi dovete fidare» .

Tommaso Labate


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