Palazzo Chigi stretto tra malumori alleati e offensiva di Grillo
Si inaugura stasera con i deputati del Pd, il suo partito; e si chiude giovedì 1° agosto con i senatori Democratici: due giorni dopo la probabile sentenza con la quale la Corte di Cassazione confermerà o meno la sentenza contro Silvio Berlusconi. A quel punto, infatti, il presidente del Consiglio potrà valutare se e quanto i problemi giudiziari dell’ex premier possono ricadere sulla sua maggioranza anomala; e quale sarà il grado di malumore col quale fare i conti.
Può apparire un fattore secondario, ma nella lettura catastrofista che le opposizioni fanno della situazione economica,la fiducia nella possibilità che l’esecutivo regga e possa agire è un elemento non secondario. Letta e la sua coalizione si trovano a dover fronteggiare una campagna insidiosa condotta soprattutto dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e del suo burattinaio Gianroberto Casaleggio. La loro tesi sempre più esplicita e martellante è che l’Italia si avvia verso una sorta di crollo finanziario di qui all’autunno. E l’impressione è che questa sia anche la loro speranza. Solo un fallimento del governo può aprire spazi a un movimento che scommette sul disastro per aumentare un potere eroso dalla capacità del sistema politico di recuperare spazi d’azione e credibilità.
Preoccupa il fatto che la vulgata trovi ascolto non solo nelle file del resto dell’opposizione; e che si accompagni a una rinnovata e pericolosa offensiva contro l’euro. Riecheggiando tesi accarezzate in campagna elettorale anche dalla Lega e da una parte del Pdl, Grillo accentua i toni anti-tedeschi e sostiene che presto l’Italia dovrà decidere. Il dilemma, a suo avviso, è «se ristrutturare il debito restando nell’euro o tornare alla lira. Solo così si tornerà a vedere la luce». Si tratta di uno scenario che non tiene conto di una realtà di vincoli reciproci tali da determinare non la fine dell’euro ma della stessa Unione Europea. E sottovaluta il disastro in termini di svalutazione, isolamento finanziario e tensioni sociali che la sola ipotesi di uscire dal sistema della moneta unica provocherebbe.
Grillo sembra non sapere, o finge di non conoscere le conseguenze devastanti che il suo schema prepara. Invece della “luce”, l’Italia vedrebbe un calo drammatico del potere d’acquisto soprattutto delle classi più povere; e non sarebbe neppure in grado di pagare la sua bolletta energetica annuale. Ma dire che “la politica italiana ha venduto l’anima al diavolo teutonico” sarebbe uno slogan elettorale facile e orecchiabile, sebbene irresponsabile. Il M5S continua a scommettere sull’impossibilità di stabilizzare il Paese, pur con la regia e l’impegno che ci mette il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Di più: non vuole che si stabilizzi, perché il grillismo perderebbe la sua ragione d’essere che è il rifiuto del sistema.
Se il governo dovesse precipitare prima del tempo e si arrivasse in campagna elettorale, la strategia è già abbozzata: gli altri hanno fallito, votate grillino. Si tornerà alla lira e la situazione migliorerà. C’è da chiedersi se questo progetto di sfascio non finisca per incrociare interessi economici e speculativi internazionali, che puntano sul default italiano. L’aspetto che preoccupa un po’ è la timidezza con la quale i partiti di governo, tutti presi da una faticosa mediazione quotidiana, lasciano filtrare questi veleni senza opporre una difesa convinta dell’euro e dell’appartenenza all’Ue. Eppure, il pericolo di una regressione si annida anche in questa cautela nel contrastare i movimenti populisti alimentati dalla crisi. Forse, occorrerebbe una fiducia reciproca che si fatica a vedere.
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