Forza Italia, sfida sulla guida del movimento

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ROMA — Il prossimo capitolo della guerra tra «falchi» e «colombe» sta per essere scritto. E passa attraverso quella pila di fogli che da giorni è appoggiata sull’ormai celeberrimo scrittoio di Arcore, lo stesso sul quale Silvio Berlusconi firmò nel 2001 il famoso «contratto con gli italiani».
In quei fogli, infatti, ci sono le possibili bozze del nuovo statuto della rinata Forza Italia, che il Cavaliere ha virtualmente battezzato con la campagna di affissioni a colpi di manifesti «sei per tre» e con gli striscioni «Forza Silvio» volati in cielo con gli aerei nel giorno di Ferragosto. Bozze che, almeno per il momento, non prevedono per il nuovo partito la carica di «segretario».
Non si tratta di un semplice dettaglio tecnico. Al contrario, questa è la storia del pressing che l’ala dura dei berlusconiani — guidata dal tandem composto da Daniela Santanchè e Denis Verdini — sta esercitando sul Presidente in vista della composizione dell’organigramma del partito. Un organigramma che, non prevedendo per adesso la carica di «segretario», non contemplerebbe quindi un ruolo «operativo» per Angelino Alfano.
Questa, ovviamente, è una storia ancora tutta da scrivere. E dipenderà anche dal tipo di strada che il Cavaliere deciderà di prendere sul sentiero indicato da Giorgio Napolitano nella sua nota dell’altro giorno. Ma che i «falchi» del partito stiano per partire lancia in resta all’attacco del segretario del Pdl è un dato acclarato. Nessun colpo frontale, e men che meno polemiche pubbliche, almeno per adesso. Ma l’ala dura dei berlusconiani, nei giorni a cavallo di Ferragosto, ha iniziato sottotraccia a imbastire un processo contro i ministri pidiellini del governo Letta, accusati di «latitanza» nei giorni caldi del post-sentenza. E soprattutto contro Alfano, che sarebbe il primo nome sul loro banco degli imputati.
Lo schema non sarebbe dissimile dal piano per far saltare il governo andato in scena poche ore prima della manifestazione sotto Palazzo Grazioli, quando un pacchetto di mischia di cui facevano parte anche Santanchè e Verdini aveva convinto il Presidente a chiedere la presenza in piazza anche dei ministri. Solo che la richiesta a Berlusconi, in queste ore, è diventata un’altra. Garantirsi, in assenza della carica di segretario, quelle «deleghe» sulla gestione di Forza Italia che trasformerebbero il partito da «forza di maggioranza» a «movimento in perenne campagna elettorale». Deleghe che potrebbero finire proprio nelle mani di Santanchè (comunicazione) e Verdini (organizzazione), che al contrario di Alfano, di Gianni Letta e della pattuglia dei ministri, vorrebbero staccare quanto prima la spina tanto al governo quanto alla legislatura.
Ovviamente, visto che ha dalla sua la stragrande maggioranza dei parlamentari, nessuno dei berlusconiani pensa che Alfano si faccia trovare impreparato al blitz. E le voci, secondo cui il segretario del morente Pdl potrebbe rispondere all’Opa dei falchi sul partito rinunciando al posto nel governo, non si sono ancora spente. Tutto è nelle mani di Berlusconi. Di colui che, come ha sottolineato ieri Francesco Nitto Palma, rimarrebbe «la nostra guida politica anche fuori dal Parlamento». Finirà per affidare le deleghe operative della nuova Forza Italia ai «falchi», consentendo che a rappresentare il partito in televisione sia la linea della «Pitonessa» Santanchè? O punterà di nuovo sul segretario uscente del Pdl, chiedendogli però di lasciare sia Palazzo Chigi, sia il Viminale?
In qualsiasi dei due casi, sarebbe una mezza rivoluzione. Che troverebbe il suo punto di caduta quando, a metà settembre, Roma ospiterà la convention del battesimo ufficiale di Forza Italia. Anche se c’è chi giura che, questa decisione, il Cavaliere potrebbe prenderla molto prima. Anche perché, tra i «falchi», c’è chi comincia a insinuargli il sospetto sul nuovo partito che «rischia di finire tra due fuochi». Stretto tra Pier Ferdinando Casini, che punta a intercettare i parlamentari del Pdl che non vogliono le elezioni anticipate, e Roberto Maroni, che invece non vede l’ora di tornare al voto. E che, non a caso, ha piazzato nel dibattito interno al centrodestra non solo la richiesta delle primarie, ma anche la candidatura di Flavio Tosi.
Tommaso Labate


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