Il Guastatore Rosso

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È accaduto ieri, quando Stefano Fassina, l’ex “giovane turco” che ha studiato alla Bocconi, ha preso una decisione (e l’ha annunciata all’Huffington Post): “Dobbiamo dire la verità”. La verità, naturalmente, è la sua, perché lui è impermeabile al dubbio di non essere il solo a possederne una, e si compone di tre rivelazioni. Primo, l’abolizione dell’Imu è stata una decisione “sbagliata” e “voluta dalla destra”. Secondo: non è vero che è stata abolita la tassazione della prima casa: aspettate la Service Tax e vedrete. Terzo: cancellare definitivamente la prima rata dell’Imu ci costerà carissimo, a cominciare dall’aumento dell’Iva ormai “irrimediabile grazie alla ‘vittoria’ del Pdl sull’Imu”.
È evidente che quando parlava del “gioco di squadra” come arma vincente del suo governo, Enrico Letta non aveva tenuto conto della panchina, dove siede proprio il ruvido Fassina. Il quale non è più solo il responsabile economico del Partito democratico, postazione dalla quale ingaggiava duelli a distanza con Brunetta e con Grilli, ma da quattro mesi è anche il viceministro dell’Economia. Giocatore, sulla carta, di quella squadra di governo che ha faticosamente trovato l’intesa sull’Imu. Un’intesa che non ha convinto tutti, fuori da Palazzo Chigi, anzi ha subito aperto un vivacissimo e motivato dibattito. Ma, appunto, là fuori. Perché il presidente del Consiglio ha messo la sua firma sull’accordo, e non aveva nessuna intenzione di farlo passare come un diktat subìto da Berlusconi. Una posizione condivisa dallo stesso leader del Pd, Epifani, che ha parlato di “scelta corretta”. Ma evidentemente non da Fassina, che dopo aver manifestato fino alla vigilia la sua contrarietà all’abolizione dell’Imu ha deciso che non bastava la decisione del Consiglio dei ministri né l’adesione del segretario del Pd per fargli cambiare idea: la sua coerenza di economista vale più di ogni dovere di lealtà politica.
Non bisogna lasciarsi ingannare dalla sua aria dimessa, dai suoi capelli perennemente ribelli né dal suo look austero, modello “divisa da capotreno”. Fassina è convinto di essere il primo della classe. E dunque non è lui che ha sbagliato le previsioni, ma gli altri che non hanno capito nulla, in questo che “non è il governo del centrosinistra ma un governo di compromesso”, e che presto dovranno rassegnarsi a dargli ragione e a tassare le prime case, “non per sadismo comunista ma per evitare di tagliare servizi fondamentali”. Hanno abolito l’Imu? Peggio per loro.
Evidentemente il viceministro ha voluto scendere in campo anche dalla panchina, non come terzino e neanche come regista: come guastatore. E ha preso di mira l’abolizione dell’Imu con la stessa maldestra determinazione con cui accusava Veltroni di avere sull’articolo 18 “una posizione vicina alla linea del pensiero unico e delle proposte del centrodestra”. Con cui definiva Renzi “un ex portaborse, riuscito miracolosamente a fare il sindaco di Firenze”, uno che “ripete a pappagallo alcune ricette della destra”. Con cui invitava Goffredo Bettini a “uscire dai salotti e a farsi un giro tra i lavoratori”. La stessa con cui un mese fa difese pubblicamente “l’evasione di sopravvivenza”, infelicissima espressione che gli valse la risposta secca del rivale Brunetta: “Benvenuto nel Pdl”. Lui non ha mai fatto marcia indietro, e difficilmente la farà stavolta, senza farsi sfiorare dal sospetto che polemizzare con un governo sia piuttosto incompatibile con il farne parte.


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