Renzi, discesa in campo il 30 agosto E D’Alema: il premier non ha futuro

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ROMA — «Adesso penso a fare il sindaco e sulla politica nazionale non dirò nulla. Fino a venerdì prossimo…». Matteo Renzi è tornato ieri in Italia. Sul viso l’abbronzatura del sole della California. Tra le labbra l’ultima promessa su un silenzio che sta per finire.
Adesso c’è anche la data, il 30 agosto. E due luoghi. Le feste dell’Unità di Forlì e Reggio Emilia. Due comizi in un giorno solo. Non sarà quella l’occasione per l’annuncio definitivo della candidatura a segretario, se è vero che — come ripete il diretto interessato — «stavolta non mi fregano, aspetto le regole definitive». Ma sarà l’occasione per stabilire che lui è in campo.
Già, perché stavolta Renzi ha capito che in palio potrebbe non esserci quella segreteria del partito che, come lui stesso ha spiegato più volte, non è mai stata in cima ai suoi desiderata. Ma che «la posta in gioco», se Berlusconi porterà il governo alla crisi, può essere quella massima. E cioè la premiership. Non a caso, quando i suoi lo avvertono che il bersaniano Davide Zoggia ha detto in tv (a Omnibus , su La 7) che «se c’è la crisi Letta potrebbe succedere a se stesso» e che le primarie si fanno «se c’è tempo», il sindaco di Firenze ha autorizzato il contrattacco. Firmato da Dario Nardella, uno della cerchia ristretta. «Stavolta le dichiarazioni di Zoggia hanno superato il limite del buonsenso», ha detto il deputato. Secondo cui le parole del responsabile Organizzazione del Pd sono figlie di «un’idea così autoritaria e autoreferenziale che potrebbe innescare una spirale suicida per il Pd».
È praticamente il primo intervento di un renziano della cerchia fiorentina da quando il sindaco aveva imposto il silenzio. E dal combinato disposto tra la «botta» di Zoggia e la «risposta» di Nardella viene fuori l’antipasto di quella che rischia di trasformare la contesa del Pd in una guerra senza quartiere. In cui nulla è da escludere. Tra Palazzo Chigi e il Nazareno c’è il timore che Renzi, nei comizi del 30, chieda il «divorzio» tra il Pd e un Pdl che non riesce a staccarsi da un Berlusconi che non rispetta le sentenze. Un’opzione che, sempre secondo i sospetti dell’ala governista del partito, sarebbe anche quella privilegiata da Massimo D’Alema. A supporto di questa tesi c’è anche il comizio di Narni in cui il presidente di ItalianiEuropei, di fronte a un’ottantina di persone, s’è cimentato — come ha raccontato Il Fatto — in una stroncatura di Letta («Non ha futuro») e in un elogio di Renzi («Non abbiamo paura del voto. Con Renzi candidato vinciamo noi»). E la rettifica della sua portavoce («Resoconto distorto e parziale») non ha placato l’irritazione che ieri a Palazzo Chigi si nutriva nei confronti dell’ex premier.
D’Alema, è la convinzione dei suoi, non farebbe mai un passo contro Napolitano. Ma se il governo cade manu berlusconiana , per il Lider Maximo non c’è nulla che potrà fermare il ritorno alle primarie. Primarie in cui, è l’ordine di scuderia che i dalemiani avevano deciso prima delle vacanze, «noi sosterremmo Renzi in tutti i casi, anche se si candidasse Letta». Difficile stabilire con certezza se l’ex premier e il sindaco di Firenze abbiano ufficialmente riattivato quel canale di dialogo che, nella testa dei dalemiani, avrebbe dovuto portare Gianni Cuperlo alla segreteria del Pd e Renzi a Palazzo Chigi nel 2015. Di certo c’è che, se la scadenza del voto viene anticipata di due anni, quell’accordo c’è. Blindato.
Francesco Boccia, che con la sua mozione avrebbe voluto riavvicinare Renzi e Letta, dice che «il congresso, se il governo va avanti, si deve fare in ogni caso». Ma il fronte governista, da Letta a Bersani passando per Franceschini, sa che adesso c’è un altro conto alla rovescia. Quello che separa il Pd dal 30 agosto, quando Renzi parlerà in Emilia-Romagna. Da qui la scelta di alzare i toni contro Berlusconi. Da qui il lavorìo per tenere in piedi la maggioranza (con un «Letta bis») se il Cavaliere rompe. La crisi di governo, dal 9 settembre, potrebbe essere una certezza. Poi la «strada maestra» sarà solo provare a tenere in piedi la legislatura. Perché, se la legislatura finisce, a fronteggiare Letta&co. il sindaco di Firenze non sarà solo. Ma in compagnia di D’Alema.
Tommaso Labate


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